Le armi del ricorso in Europa e la campagna sulle motivazioni

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ROMA — Se si escludono le tre strade principali — grazia, commutazione della pena, amnistia — che adesso sembrano impraticabili per modificare gli effetti penali prodotti dalla condanna per frode fiscale inflitta a Silvio Berlusconi, per gli uomini del Cavaliere rimangono sul tavolo poche carte utili. Tuttavia, se messe tutte insieme, le «opzioni secondarie» potrebbero produrre un risultato. Le mosse ancora a disposizione della difesa (Ghedini-Coppi) e della agguerrita pattuglia di avvocati e di ex magistrati del Pdl (Caliendo, Nitto Palma, Sisto, D’Ascola) possono generare un effetto eco intorno alla sentenza del 1° agosto tale da rovesciare la percezione fin qui avuta di quella condanna. Il Cavaliere, infatti, intende smontare la credibilità dalla sentenza: «E il paradosso — conferma l’ex Guardasigilli Francesco Nitto Palma — è quello che tra qualche mese l’Europa condanni l’Italia per avere tenuto una condotta contraria ai principi umanitari nel processo a carico di un leader come Berlusconi».
È vero che, come non si stanca di ripetere l’avvocato Franco Coppi, una sentenza diventa definitiva nel momento in cui viene data lettura del suo dispositivo. Ma il presidente del collegio Antonio Esposito — che ha concesso un’intervista sulla sentenza, con la conseguenza di essere finito nel mirino del Csm e del Guardasigilli — presto dovrà controfirmare la motivazione affidata al giudice relatore Amedeo Franco. Quell’atto conclusivo del processo Mediaset, nell’immaginario di Nitto Palma, potrebbe produrre un grosso punto per il Cavaliere: «In linea del tutto teorica, sarebbe possibile una remissione dei termini per una ricusazione». Come dire, il presidente Esposito non può controfirmare perché si è mostrato poco sereno. Dunque, la sentenza è da annullare.
L’effetto giuridico di un tale percorso, però, è assai incerto. Mentre è scontato quello mediatico. Prima ancora del deposito della sentenza (attesa, con tempi normali, per inizio ottobre), si farà sentire la I commissione del Csm (trasferimenti d’ufficio per incompatibilità funzionale) che a partire dal 5 settembre si occuperà del caso Esposito. Il presidente, Annibale Marini, come atto preliminare chiederà agli altri consiglieri (Sciacca, Giostra, Carfì, Vigorito, Racanelli) se sia necessario chiedere a Il Mattino il file completo (34 minuti) con la registrazione del colloquio intercorso tra il giudice Esposito e il giornalista Manzo: in quel file, secondo il giudice, ci sarebbe la prova della sua «innocenza»; invece, a sentire altre fonti, nella conversazione ci sarebbe l’indicazione, anche colorita, del presunto «malanimo» di Esposito nei confronti di Berlusconi. Sugli effetti che l’azione del Csm potrà avere sui i tempi e le modalità di deposito della motivazione (nulli, a quanto si apprende in Cassazione), Marini, che è stato presidente della Consulta, si sta formando un’opinione: «Con i tempi che corrono, però, me la tengo per me….». Ecco qual è il punto, chiarisce l’ex ministro Nitto Palma: «Magari il Csm non può approdare ad alcun risultato perché la materia è disciplinare e infatti l’unica persona che può incidere sul caso Esposito è il ministro della Giustizia, che poi è il titolare dell’azione di penale. Ma tutto questo porta acqua al mulino del ricorso alla Corte di Strasburgo». Che, ovviamente non entrerà mai nel merito della frode fiscale accertata dalla sentenza, ma potrebbe condannare l’Italia per una condotta contraria i principi umanitari: «Perché — chiosa Palma — il giudice non si è mostrato imparziale e non sono stati ascoltati tutti i testimoni chiesti dalla difesa». Il 9 settembre, toccherà poi alla giunta delle Elezioni del Senato ascoltare il relatore Andrea Augello (Pdl) sulla proposta di decadenza Berlusconi che con la condanna a 4 anni è incappato nella legge anticorruzione.
Dino Martirano


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