La strategia degli atti concreti Prossima tappa le tasse sul lavoro
ROMA — E ora? Ora che Berlusconi ringrazia, che Pd e Pdl collaborano come mai prima, che altre misure significative diventano operative, è possibile fare un altro pronostico sulla durata del governo? A Palazzo Chigi ne sono convinti: «Più misure concrete approviamo, più lavoriamo per gli italiani, maggiore è la possibile di arrivare persino a fine legislatura».
Lo stesso Letta, se gli si chiede, fa il conto dei mesi al contrario e dice con un sorriso che il suo esecutivo durerà «altri quattro anni e qualche mese». Ovviamente c’è di mezzo anche la scaramanzia, la voglia di non scendere nei dettagli dei tanti motivi di instabilità, che restano intatti, ma da ieri certamente la battuta può avere più fondamento.
A pranzo Letta incontra Squinzi, il presidente di Confindustria, che a sua volta ha avuto contatti con i tre leader sindacali. Al premier viene chiesto un abbassamento della pressione fiscale, sul lavoro o sulle imprese, con decurtazione dei costi della politica, della spesa pubblica improduttiva. Ora, superato lo scoglio dell’Imu, affrontato un altro pezzo del nodo esodati, Letta si dedicherà anche a questo: «Ora possiamo affrontare più serenamente la scrittura della legge di Stabilità e anche un percorso di riduzione progressiva delle tasse».
Sembra passato un secolo ma sono solo pochi giorni: sino a domenica scorsa sembrava che il governo fosse lì lì per cadere, troppo debole per proseguire un percorso di riforme condivise fra i due maggiori azionisti della maggioranza, Pd e Pdl, soggetto agli umori e alle decisioni che ancora potrebbero arrivare da Arcore, legate al nodo della decadenza da senatore di Berlusconi.
Ieri, in un pomeriggio, il clima è radicalmente cambiato: l’elogio di Letta ai partiti, persino agli esponenti della maggioranza che hanno collaborato, per arrivare «ad una soluzione che mi pare la più equilibrata che potessimo prendere», delinea un futuro certamente meno cupo, se non più roseo. Un futuro costruito pezzo dopo pezzo, in cui i singoli provvedimenti vengono da Palazzo Chigi considerati come «mattoni» di un’ideale casa di stabilità.
Mattoni che ieri il capo del governo ha citato uno per uno, lasciando volutamente per ultimo il capitolo legato alla riforma dell’Imu: prima il lavoro, le risorse per gli esodati, per la cassa integrazione, quei 3,7 miliardi rivendicati dal ministro Giovannini come già stanziati, dal primo giorno di vita di questo governo ad oggi, in materia di contrasto alla disoccupazione e di misure a favore dell’impiego.
Le tracce di un percorso futuro, di medio periodo, Letta potrebbe delinearle già domani, alla festa del Pd, a Genova, dove saranno presenti anche il segretario del suo partito, Epifani oltre ai tre leader di Cgil, Cisl e Uil. Se non saranno annunci saranno comunque elementi programmatici rafforzati da una convinzione confermata ieri pomeriggio: al momento questo governo non ha alternative, lavora bene, ha una forza, se procede in modo costruttivo fra le sue componenti, che nessun altro esecutivo potrebbe avere.
Insomma il giorno della possibile crisi, di una decapitazione annunciata e minacciata più volte dal Pdl, si è trasformato in una sorta di svolta, costruita su un provvedimento molto articolato, che mette insieme le istanze del Pd sul lavoro e quelle del Pdl sulla tassazione immobiliare. Una riconciliazione fondata su misure concrete.
Raccontano che Epifani abbia chiesto di più a Letta sul tema esodati, che il premier stesso abbia risposto che per il momento ci si ferma qui, andando incontro a quelle 6.500 persone che sono rimaste senza lavoro e senza pensione dopo essersi licenziate. Una prima risposta «strutturale», l’ha definita Letta, cui ne seguiranno altre, quando sarà possibile.
In ogni caso il governo ha dimostrato, a giudizio di Letta, «coesione, gioco di squadra e capacità di andare incontro alle esigenze degli italiani. Ora guardiamo al futuro con maggiore fiducia, perché stiamo dando fiducia soprattutto agli italiani». Se le condizioni non cambieranno, sarà difficile far cadere un governo così. «Spero che le domande sulla durata cesseranno, non c’è più scadenza a questo governo», conclude Letta a fine giornata.
Marco Galluzzo
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