La questione giustizia torna a far spirare i venti elettorali

by Sergio Segio | 31 Agosto 2013 6:06

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Sarebbe la spia di un leader disperato e deciso a tentare una forzatura elettorale per scongiurare un epilogo che il suo ultimatum potrebbe in realtà accelerare. Fra l’altro, si nota una contraddizione vistosa fra l’ex premier che neanche un mese fa assicurava di volere tenere distinti appoggio al governo di Enrico Letta e problemi giudiziari; e che adesso invece è tentato di scaricare sull’Italia le conseguenze della condanna decisa dalla Corte di Cassazione. Eppure, lo stesso presidente del Consiglio ieri alla Festa del Pd ha ammesso di non vedere «grandi margini». Di più, ha avvertito che far dipendere la tenuta della coalizione dal destino giudiziario del Cavaliere significherebbe dare corpo a «relazioni pericolose» da spiegare poi all’opinione pubblica.
Purtroppo, è la conferma che la tregua politica va misurata al massimo in giorni. D’altronde, per intuire che le tensioni sulla giustizia sono destinate a riemergere basta registrare due episodi di ieri. Il primo è l’appoggio del Cavaliere ai referendum radicali sulla giustizia. Il secondo è la malcelata irritazione del centrodestra per la nomina di quattro senatori a vita da parte del capo dello Stato, Giorgio Napolitano: secondo questa tesi, il «vero atto di pacificazione» sarebbe stato il laticlavio a Berlusconi. In realtà, la reazione del Pdl conferma l’affanno per un epilogo che non sembra offrire scappatoie, al massimo un rinvio di qualche settimana. Il risultato è di tenere l’Italia in ostaggio delle componenti più radicali della maggioranza.
Quella che il presidente dei vescovi italiani, Angelo Bagnasco, definisce «la scorciatoia degli slogan e delle dichiarazioni incendiarie», fa il paio con la denuncia di Letta contro l’«autolesionismo che la fa da padrone». In modo un po’ surreale, ieri Pd e Pdl si rimproveravano di tirare troppo la corda nei confronti del governo Letta; e intimavano all’avversario di smetterla. In realtà, gli attacchi sono venuti da settori di entrambi i partiti, oltre che da Scelta civica. E l’avvertimento arrivato in serata da Berlusconi ha chiuso una giornata nella quale si sono rifatti vivi gli avversari di Palazzo Chigi anche nel Pd. Eppure, almeno in una parte della coalizione c’è la consapevolezza di trovarsi di fronte a una crisi che non consente forzature e pretese di imporre soluzioni che non siano di compromesso.
L’insofferenza verso provvedimenti che aprono sacche di malcontento ora a destra, ora a sinistra è inevitabile quando si tratta di tenere insieme blocchi di interessi e forze politiche in conflitto da sempre. Ma il tentativo di attutire i motivi di rottura, per non scaricare sul Paese l’impotenza di un sistema già a rischio di delegittimazione, si scontra con una sorta di forza d’inerzia conflittuale. Quando l’ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani chiede al Pdl di separare il proprio destino da quello di Berlusconi, ottiene il solo risultato di irritare e compattare gli avversari. E allo stesso modo, quando il centrodestra minaccia la crisi se il 9 settembre la giunta parlamentare farà decadere Berlusconi da senatore, porta argomenti alla sinistra più viscerale. Letta sa di essere in una posizione scomoda, «sulle montagne russe».
Matteo Renzi chiama a raccolta i malumori sparsi della sinistra per le «larghe intese» e usa toni asprigni verso il vertice del Pd e Palazzo Chigi, e solletica gli istinti antiberlusconiani. Anche per questo ieri il presidente del Consiglio ha tenuto a spiegare alla Festa del partito a Genova di essere cosciente di guidare un governo diverso da quello che vorrebbe. Ha fatto un appello al realismo ricordando il risultato elettorale di febbraio e gli equilibri in Parlamento. Soprattutto, Letta ha avvertito che se ci sarà la campagna elettorale, lui la farà per consentire la vittoria di una compagine di centrosinistra. È la risposta a quanti nel Pd lo accusano strumentalmente di perseguire progetti neocentristi, di volere rendere eterna l’attuale maggioranza. E forse è anche un modo indiretto di iscriversi alla corsa per la leadership del Pd.

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