Il Quirinale e l’idea di nominare due senatori a vita

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ROMA — Al Quirinale sta per stringersi la scelta per la nomina di un paio di senatori a vita. La notizia non ha ancora conferme — né ufficiali né ufficiose — ma appare coerente con l’esigenza di colmare i ranghi dei seggi onorari a Palazzo Madama dove, dopo la scomparsa negli ultimi due anni di Sergio Pininfarina, Rita Levi Montalcini, Giulio Andreotti ed Emilio Colombo, oggi siedono soltanto Carlo Azeglio Ciampi (che è però membro “di diritto” di Palazzo Madama, in quanto ex capo dello Stato) e Mario Monti (che vi è approdato “per merito” il 9 novembre 2011). E visto che a norma di Costituzione, e presidenti emeriti a parte, ve ne possono essere 5, non è inverosimile che la questione sia ormai davvero un passaggio imminente nell’agenda del capo dello Stato. Al quale il primo comma dell’articolo 59 della Carta assegna appunto la prerogativa di attribuire il laticlavio della nostra Camera Alta a italiani che abbiano «illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, artistico e letterario».
Inevitabile che nelle prossime ore si riaccenda il tormentone sulle candidature. Inevitabile anche che si riproponga la classica bipartizione in cui si sono sempre divise tali nomine, dal momento che i diversi capi dello Stato hanno pescato a intermittenza nel campo della politica e in quello della cultura. Tanto per fare due esempi, Francesco Cossiga si mosse quasi esclusivamente nel primo ambito, elevando allo scranno perpetuo del Senato (a parte l’eccezione di Giovanni Agnelli) Giovanni Spadolini, Giulio Andreotti, Francesco De Martino, Paolo Emilio Taviani. Mentre all’opposto, Sandro Pertini privilegiò soprattutto personalità dell’establishment culturale, come Carlo Bo, Eduardo De Filippo e Norberto Bobbio, affiancandoli a due “politici” di lungo corso e di indiscusso prestigio: Leo Valiani e Camilla Ravera. Come si orienterà adesso Giorgio Napolitano, tenendo conto che negli ultimi tempi non sono mancate le polemiche sull’esistenza stessa di queste figure e si arrivati a proporne l’abolizione come una “veneranda e inutile istituzione”? Nel primo settennato ha esercitato soltanto una volta questo suo potere con la scelta di Mario Monti, che si rivelò finalizzata alla nascita del governo dei tecnici che fu infatti tenuto a battesimo appena pochi giorni dopo il suo ingresso in Senato e il cui premier doveva essere e mantenersi un uomo al di sopra delle parti. Difficile fare previsioni, insomma. Anche se alcuni — peraltro incerti — boatos tenderebbero a escludere opzioni indirizzate sui politici. Se non altro perché ciò richiederebbe un delicato bilanciamento per evitare recriminazioni. Tra tutti, comunque, torna inevitabilmente la figura di Gianni Letta, ascoltato consigliere di Berlusconi e grande mediatore con il Colle nei momenti più critici. Altre ipotesi sono per il momento un terno al lotto. Basti dire che nei mesi scorsi ci fu chi azzardò addirittura l’idea di un tandem a vita Prodi-Berlusconi “in nome della pacificazione”, mentre qualcuno suggerisce sempre le candidature di Marco Pannella e Stefano Rodotà, assieme a quelle di parecchi altri.
Se invece il presidente della Repubblica decidesse di optare per qualche personaggio attivo sul terreno sociale, artistico e letterario, non vanno esclusi nomi universalmente apprezzati (e da lui stesso in particolare), come quelli di Claudio Abbado, Riccardo Muti, Roberto Benigni, Andrea Camilleri, Ennio Morricone, Claudio Magris.
Marzio Breda


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