Il Cavaliere si prepara: devono capire che io resto il leader
ROMA — «Io aspetto un segnale dal Quirinale». E sull’invito a «fare un passo indietro» che Epifani gli ha indirizzato nell’intervista di ieri al Corriere , c’è anche la risposta: «Il Pd deve capire che sono il leader del Pdl. E deve sapere che se vuole che il governo rimanga in piedi, non può continuare a vergognarsi di noi». La rotta non è ancora tracciata. Ma il messaggio che Silvio Berlusconi manda alla prima cerchia di fedelissimi ieri al tramonto è chiaro. Chiarissimo. Ad Arcore, rinchiuso in quello che assomiglia sempre più a un fortino e circondato soltanto da familiari e amici più stretti, l’ex premier aspetta quello che lui stesso definisce «un segnale». E lascia intendere che la sopravvivenza del governo Letta dipende solo da questo. Dal «segnale».
Gliel’hanno spiegato fino allo sfinimento, sia Gianni Letta che il tandem Schifani-Brunetta che gestisce operativamente i contatti col Colle. Gli hanno detto che il Quirinale e i vertici del Pd non possono tirare troppo la corda con la storia della «pacificazione a tutti i costi», anche perché il centrosinistra si ritroverebbe mezzo secondo dopo con gli elettori in rivolta. E gli hanno suggerito di stare il più possibile alla larga dai «toni da guerra civile». Tutti ragionamenti rispetto a cui Berlusconi è stato comprensivo ma irremovibile. «Io aspetto quel segnale perché io ho poco tempo. E sono pronto a tutto».
Il «poco tempo» è quell’inesorabile clessidra che lo avvicina al fatidico 15 settembre, giorno in cui gli verrà notificato l’atto del tribunale di Milano. Ed è un tempo che scorre talmente veloce che lunedì sera, congedando la Santanchè e Alfano dopo un incontro a Palazzo Grazioli, Berlusconi ha lasciato tutti senza parole: «Adesso è arrivata l’ora di decisioni che posso prendere solo con la mia famiglia».
Da quel momento in poi, la residenza di Arcore s’è trasformata nel teatro di un consiglio di famiglia permanente. In cui l’andirivieni dei figli è stato interrotto soltanto da telefonate o visite di persone che si contano sulle dita di una mano. Da Gianni Letta a Fedele Confalonieri, passando per Ennio Doris. Un «segnale» che il Pdl ha interpretato come la vigilia di un momento storico. Non foss’altro perché, esclusi i figli e Marcello Dell’Utri, si tratta dello stesso pacchetto di mischia a cui il Cavaliere vent’anni fa sottopose la «pazza idea» di «scendere in campo».
È ad Arcore, insomma, che Berlusconi studia la strategia per quella che s’annuncia come la più importante «campagna» dell’«uomo», non solo del politico. La decisione di avviare il cantiere della nuova Forza Italia è ufficiale. Come ufficiale è il sostegno, annunciato ieri da Denis Verdini, di «raccogliere le firme per i referendum sulla giustizia» dei Radicali. Che la firma del Cavaliere in persona sia imminente è un dato acquisito. Ma non sarà un semplice gesto della mano. Su questo, Berlusconi ha ascoltato i suggerimenti più svariati. Qualcuno gli ha ricordato i referendum sulla responsabilità civile dei magistrati dopo il «caso Tortora». Qualcun altro gli ha persino suggerito lo sciopero della fame. Altri ancora l’hanno spinto a valutare l’ipotesi di «fare un discorso in tv agli italiani» sulla giustizia, magari sfruttando la scia delle polemiche seguite all’intervista del giudice Esposito.
Ma questa è solo una parte del film che sta andando in scena ad Arcore, dove un Berlusconi in perenne oscillazione tra la voglia di combattere e quella di arrendersi aspetta quel «segnale» da Roma. Le scrivanie sono ricoperte dai sondaggi che l’ex premier continua a commissionare. Ha fatto testare «Marina leader», che non è andata al di sotto dal 30% preso dal padre nel febbraio scorso. E, soprattutto, il Cavaliere s’è fatto spiegare da Denis Verdini che una finestra elettorale tra ottobre e novembre c’è. Con possibile colpo di scena. Il coordinatore ha raccontato al Presidente che, se i lavori della giunta del Senato procederanno a rilento, c’è una piccola strada per consentirgli di candidarsi a premier. Direttamente dagli arresti domiciliari.
Tommaso Labate
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