Il Cavaliere in difesa pensa a un salvacondotto

by Sergio Segio | 4 Agosto 2013 8:39

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 CHE possa cancellare con un colpo di spugna l’onta della condanna definitiva, sono tornati in cima ai desiderata di Silvio Berlusconi.
È la ragione per cui nella giornata di ieri l’ordine di scuderia è stato quello di abbassare i toni, non più la manifestazione a due passi dal Quirinale ma davanti la residenza del leader, non più minacce di crisi di governo ma disponibilità a sostenerlo ancora, non più ministri barricaderi, ma silenti, anzi del tutto assenti dal selciato arroventato dall’afa di oggi pomeriggio in via del Plebiscito. Conseguenza anche del messaggio che il presidente Napolitano, di ritorno dai giorni in Alto Adige, ha recapitato a Berlusconi tramite Gianni Letta: spazzare via la grazia dal tavolo di discussione, abbassare i toni, pena la cancellazione dell’incontro coi capogruppo di domani. Ecco perché Berlusconi si riposiziona. «L’unica strada che abbiamo è raggiungere una accordo politico con il Pd, se vogliono la pacificazione devono dimostrarlo e concordare con noi la riforma della giustizia» ha insistito l’ex premier già nel vertice
notturno di venerdì, dopo l’assemblea coi gruppi, quando ad ascoltarlo erano rimasti Alfano, Verdini, Santanché, Lupi, i capigruppo ma anche la figlia Marina e Fedele Confalonieri. Proprio col braccio destro di sempre e con l’amata figlia, oltre che con la fidanzata Pascale, ha ripreso ieri mattina la via di Arcore. Il leader ha garantito ai promotori della manifestazione — trasformata nel giro di poche ore in pacifico sit-in — che oggi pomeriggio ci sarà. In realtà, eviterà di farsi coinvolgere, la strategia ora è quella dell’inabissamento. Il suo rientro a Palazzo Grazioli è previsto nel tardo pomeriggio, è assai probabile che si faccia vedere dai simpatizzanti sotto casa ma che non parli, come avvenuto un mese fa alla manifestazione davanti Villa San Martino ad Arcore. Del resto, nella telefonata di fuoco che è intercorsa nella tarda serata di venerdì con il capo dello Stato Napolitano, Berlusconi si è impegnato a mantenere le distanze da qualsiasi comportamento «irresponsabile». Il Quirinale
non sente ragioni, non ammette colpi di testa. «Presidente, non sono stato io a invocare la grazia, non ho alcuna intenzione di far cadere il governo» ha spiegato Berlusconi a Napolitano, raccontano. Impegnandosi «ad abbassare da subito i toni». Pur insistendo sul fatto di aver «subito una profonda ingiustizia». E i toni sono di fatto cambiati nell’arco delle ultime 24 ore. Fatto salvo per le intemperanze di Sandro Bondi e la fiammata sulla «guerra civile», ovvio, che a Palazzo Grazioli ridimensionano a una sortita autonoma del coordinatore. Ecco allora che i ministri Lupi, Lorenzin, Quagliariello, De Girolamo, che nel pomeriggio in sequenza chiamano il capo per sapere se presentarsi o meno oggi al sit-in, subiscono lo stop dallo stesso Berlusconi. È lui a invitare a non andare, «per non prestarsi a strumentalizzazioni, per tenere fuori il governo». Linea che poi in serata il ministro Lupi andrà a ufficializzare davanti alle telecamere del Tg1 e che, del resto, il vicepremier Angelino Alfano aveva anticipato ore prima al presidente del Consiglio Enrico Letta. I due sono rimasti in contatto per tutto il giorno e da mattina a sera il premier si è sentito rassicurare sul fatto che l’evocazione del voto anticipato, fatta il giorno prima dal Cavaliere all’assemblea dei gruppi Pdl, non era altro che una provocazione per reagire alla condanna.
Nel Pdl i malumori restano, la spaccatura tra falchi e colombe è tornata palpabile, in serata la notizia dell’assenza dei ministri ha indispettito Gasparri e tanti altri. La tensione è stata altissima per tutto il giorno nella sede di via dell’Umiltà, dove sono stati chiamati in fretta e furia tutti i coordinatori comunali del Lazio per tentare di portare davvero qualche migliaio di persone nel pieno di una domenica d’agosto, la sfida dei falchi è ad alto rischio. «Non sarà una manifestazione contro Letta tanto meno contro Napolitano, ma di solidarietà al nostro leader» tiene a precisare Mariastella Gelmini. Berlusconi certo non rema contro i barricaderi. Ai ministri dice di non muoversi, di attendere («Fino a lunedì restiamo fermi, io non dirò nulla»), dall’altro lato tiene accesa la fiamma della piazza. Del resto, in privato, con gli avvocati Ghedini e Longo studia la legge Severino sulla incandidabilità (per condanne superiori a due anni) per sondare la praticabilità del «piano B», ovvero la possibilità di candidarsi nonostante la condanna (un solo anno da scontare), qualora si votasse a ottobre. Quando ancora l’interdizione non avrà avuto la «ratifica» del Senato.
E di voto si torna a parlare con insistenza sulla sponda leghista. Roberto Maroni dopo aver sentito al telefono Berlusconi ha raccontato ai suoi di averlo trovato «molto determinato, per nulla abbattuto, vispo e combattivo: la storia della grazia è un ballon d’essai, nel Pdl sapevano dall’inizio che, per come l’hanno messa, Napolitano non poteva che dire no». Per l’ex ministro dell’Interno è la conferma che tutte le tensioni ora si riversano sul governo, «noi ci prepariamo alla crisi e alle elezioni, che adesso sono lo scenario più probabile, da metà ottobre può succedere di tutto».
Se Silvio Berlusconi sarà fuori gioco, la figlia Marina è già pronta al suo fianco. Non lo ha lasciato un secondo nelle ultime 48 ore, spesso mano nella mano, raccontano, al fianco del padre provato. Secondo tanti, nel partito, ormai in procinto di raccogliere anche lo scettro in politica.

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