Germania, 351 miliardi di “nero” record a sorpresa del sommerso

by Sergio Segio | 15 Agosto 2013 8:07

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CHIUDONO aziende grandi e piccole, cresce la cassa integrazione, ma anche l’idraulico che vuole essere pagato solo in contanti sta spesso con le mani in mano. Insomma, neanche il sommerso ha resistito alla crisi dell’economia europea.

Fatture fantasma, lavoro nero, doppio lavoro erano stati, in altri momenti difficili, la ciambella di salvataggio a cui molte microimprese e lavoratori avevano trovato più semplice aggrapparsi per galleggiare, ma nemmeno questo è bastato, davanti a questi cinque lunghi anni di crisi.
All’inizio, nel 2009, dentro e fuori l’Unione europea, il sommerso ha tenuto botta meglio dell’economia ufficiale: il suo giro d’affari si è drasticamente ridotto, ma meno di quanto avvenisse per il resto dell’economia, tanto che il suo peso sul Pil è tornato ad aumentare. Poi, pure l’economia nera è stata travolta, anche più rapidamente: il sommerso, che pesava sull’economia del continente per il 20,9 per cento del Pil nel 2006, è sceso al 18,5 per cento nel 2013. Anche Paesi in cui il sommerso è profondamente “incistato”, come Spagna e Italia, confermano la tendenza: il rapporto fra il giro d’affari ufficiale e quello nero è rimasto lo stesso, segno che l’economia clandestina dell’idraulico e del pasticcere è arretrata allo stesso passo.
Secondo i calcoli di uno studioso del fenomeno, un professore austriaco, Friedrich Schneider, e di una grande società di consulenza, come A. T. Kearney, si tratta comunque di oltre 2 miliardi di euro, che si muovono sotto la superficie dell’economia del continente, ignoti al fisco e agli enti di previdenza.
Il fenomeno è endemico in molti Paesi dell’Est, dove il “nero” sfiora spesso il 30 per cento dell’economia, ma se si guarda al volume d’affari, il grosso, circa i due terzi, è concentrato nei cinque Paesi maggiori: Italia, Spagna, Germania, Francia e Gran Bretagna. Dentro l’eurozona, nessuno ha un settore clandestino grande come il nostro: 21 per cento del Pil. I 333 miliardi di euro che gli italiani sottraggono al fisco non sono però un record. In materia di furbetti, a quanto pare, nessuno si dà più da fare degli insospettabili tedeschi, così pronti a sventolare la bandiera del rigore, della disciplina, del rispetto delle regole: fra fatture inesistenti e buste paga sotto traccia, l’economia nera vale in Germania 351 miliardi di euro. Anche se, visto che il Paese è più grande, quei soldi corrispondono solo al 13 per cento del Pil: più, comunque, di Francia e Gran Bretagna (dove il sommerso vale solo il 10 per cento).
Furbetti (o disperati, secondo una diversa lettura) del “in contanti, per favore” si trovano soprattutto intorno all’edilizia: muratori, elettricisti, carpentieri. Il 31 per cento del giro d’affari del settore delle costruzioni, in Europa, è “fuori fattura”. Qui, come nelle fabbrichette del manifatturiero, in realtà, il grosso dell’evasione è il lavoro nero, cioè i salari senza contratto, tasse, contributi.
Al contrario, negli altri tre settori di rilievo, commercio (20 per cento di sommerso), trasporti, soprattutto taxi (14 per cento senza ricevuta), alberghi e ristoranti (19 per cento senza registrazione) il nero è frutto soprattutto della mancata fatturazione a clienti e consumatori. Se di soldi (nel senso di banconote) ne circolassero di meno, tutto questo sarebbe più difficile. L’economia nera è un’economia, per necessità, cash: senza contanti le manca l’ossigeno. L’Italia che, fino al 2010, era uno dei Paesi più tolleranti sull’uso del contante, è oggi il Paese — con il limite di mille euro ai pa-
gamenti cash — a regolamentazione più severa. I risultati, per ora, non si vedono, ma, forse, è ancora presto. Così, almeno, ritiene il professor Schneider.
Il suo studio è stato finanziato dalla Visa, una delle maggiori carte di credito, e, dunque, è possibile abbia un occhio di riguardo sull’argomento. Secondo i suoi calcoli, comunque, aumentare del 10 per cento l’anno, per almeno quattro anni, i pagamenti per via elettronica fa restringere l’economia nera del 5 per cento. In Italia significherebbe far emergere alla luce del sole più di 15 miliardi di euro.

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