Famiglie decimate: amici e parenti spazzati via dalle due parti

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Volto stanco, provato. Rassegnazione di un leader che si sente sconfitto. Dolore di un padre che ha perso il primo dei suoi tre figli, solo qualche giorno fa. Venerdì 16 agosto Ammar Badie, 38 anni, ingegnere informatico, militante islamista, è stato ucciso negli scontri tra dimostranti e polizia nei vicoli intorno a Piazza Ramses.
Sfogliando la galleria fotografica pubblicata sull’account twitter di Gehad El-Haddad, uno dei portavoce dei Fratelli musulmani al Cairo, si entra nell’intenso reticolo di amicizie, di parentele spezzato dal furore, dalla logica delle armi. Ecco il volto di Asma Beltagy, giovanissimo (la didascalia dice: 17 anni), incorniciato da un velo verde pastello con fantasie blu e rosse. No, è fuori discussione: non è, non può essere una terrorista.È solo la figlia, commenta l’abile El-Haddad a benificio dei suoi 68.998 follower, di una delle personalità più in vista dei Fratelli musulmani. Suo padre si chiama Muhammad al-Beltagy, 50 anni, medico, formatosi ad Alessandria, influente parlamentare prima del rovesciamento del presidente Mohamed Morsi (3 luglio 2013), considerato dagli osservatori come un esponente dell’ala moderata del partito Libertà e Giustizia, che egli stesso ha contribuito a fondare. Adesso è anche lui a rischio (ammesso che non sia stato già condotto in prigione mentre scriviamo). Asma, un proiettile nel petto e uno nella schiena, era la sua unica erede.
Sicuramente anche sull’altro fronte, tra gli oppositori a Morsi, si contano a decine le storie di famiglie sconvolte. È impressionante come in questi giorni si sia avvertito, nella città, un senso di precarietà estrema. La concreta possibilità per i militanti, da una parte e dall’altra, di perdere la vita sul selciato, da un momento all’altro. Colpiti da spari provenienti da un minareto, piuttosto che da un ponte. Alla facilità della morte segue un’incredibile intensità del dolore. Lungo la Corniche, la sponda del Nilo, quasi ogni giorno ormai si danno appuntamento le donne musulmane. Impacchettate nei niqab neri, sembrano tutte eguali. Ma ciascuna mostra una foto che ridà identità, umanità. Il padre, il figlio, il marito, il fratello. «I martiri» dello sgombero dei campi di Rabaa al Adawiyah, di al Nahda, di piazza Ramses.
Gli egiziani hanno seguito con grande emozione i funerali dei 25 poliziotti assassinati nel Sinai, trasmessi in diretta da tutte le tv. Nel frattempo, nei cortili di Salah Salem, la «strada dei poliziotti» (Cairo est) cala il sole e si accendono una dietro l’altra le luminarie dei funerali. I famigliari (sempre numerosi), gli amici, seduti contro le pareti, si guardano e vegliano una divisa (100 poliziotti caduti). L’odio che avvelena gli abitanti del Cairo, però, non si placa.
Giuseppe Sarcina


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