by Sergio Segio | 12 Agosto 2013 5:45
«Una grande opportunità» per le imprese italiane, ha detto ieri. L’Unione Europea, invece, ha poco da festeggiare: la scelta del corridoio Tap da parte del consorzio Shah Deniz, che gestisce gli impianti di estrazione al largo delle coste dell’Azerbaigian, ha bloccato — secondo alcuni ucciso — il progetto Nabucco West, cioè il gasdotto che era la pietra angolare della politica Ue per ridurre la dipendenza europea dalle importazioni di gas russo.
Difficile biasimare Letta: quando si tratta di energia e di Russia, nel Vecchio Continente ogni Paese va per conto proprio. Tedeschi e francesi, per dire, hanno abbracciato un terzo corridoio destinato a portare gas nell’Europa meridionale, il South Stream voluto e progettato da Mosca attraverso Gazprom e sostenuto dall’italiana Eni. Berlino, inoltre, ha avuto un ruolo decisivo anche nella realizzazione del Nord Stream, la pipeline che porta gas dalla Russia all’Europa del Nord. Il fatto è che i gasdotti si realizzano non solo sulla base della loro aritmetica economica ma anche, se non soprattutto, attraverso relazioni diplomatiche tra i Paesi estrattori e quelli di destinazione finale e con le nazioni che i tubi debbono attraversare. Si creano alleanze geopolitiche che hanno le loro ragioni nell’importanza strategica delle forniture di energia alle società e alle economie europee.
Si trattava di decidere quale strada deve prendere il gas estratto da Shah Deniz 2, il secondo campo di sfruttamento del grande giacimento al largo delle coste azere. In gioco il corridoio energetico destinato all’Europa del Sud, importante perché la Ue vorrebbe ridurre la dipendenza europea dal metano russo, per ragioni di sicurezza e anche di concorrenza (quindi di prezzo): oggi circa il 40% delle importazioni europee viene dalla Russia. Due le proposte in gara. Quella del Tap — consorzio formato dalla norvegese Statoil, dalla svizzera Axpo e dalla tedesca E.On e appoggiato da Roma, Atene, Tirana e Berna — che proponeva una tubatura da Kipoi, sul confine turco-greco dove il gas azero tra non molto potrà arrivare, fino alla Puglia attraversando Grecia, Albania e (sott’acqua) l’Adriatico. E quella del Nabucco West, formato dall’austriaca Omv, dalla rumena Transgaz, dall’ungherese Mvv, dalla bulgara Beh, sostenuto dall’Unione Europea: una pipeline che dalla Turchia avrebbe dovuto dirigersi in Bulgaria, Romania, Ungheria per terminare in Austria.
Lo scorso 28 giugno, il consorzio di estrazione Shah Deniz 2 — formato da Bp, Statoil, Total e dall’azera Socar — ha scelto di vendere il gas al progetto Tap. La decisione ha stupito. Nabucco era politicamente molto più forte: appoggiato da Ue e Stati Uniti, aveva come lobbista l’ex ministro degli Esteri tedesco Joschka Fischer. Ed è stata letta da molti come una vittoria di Mosca (che per la lobby europea conta invece sull’ex cancelliere di Berlino Gerhard Schröder). Innanzitutto, perché il Tap trasporterà 16 miliardi di metri cubi di gas all’anno, un terzo della capacità progettata dal Nabucco West. Secondo, perché ora Bulgaria, Romania e Ungheria resteranno dipendenti dalle importazioni russe. A differenza del Nabucco, il Tap «non infastidisce gli interessi russi in Europa», secondo Elkhan Shahinoglu, un analista di Baku. In realtà, le ragioni economiche per scegliere il Tap c’erano: il consorzio ha offerto agli estrattori tariffe di transito di 3,85 dollari per cento chilometri di gasdotto, 50 centesimi meno di Nabucco. Inoltre, la pipeline scelta è di 459 chilometri più corta della concorrente.
Ciò nonostante, per Bruxelles si tratta di una sconfitta. Il commissario europeo all’Energia, Günther Oettinger ha fatto buon viso alla scelta: è l’inizio concreto del corridoio meridionale, ha detto. In realtà, Nabucco West ora non ha gas e quindi non ha futuro: non si costruirà. Anche perché il consorzio South Stream voluto da Vladimir Putin conferma che i lavori per costruire la sua pipeline inizieranno l’anno prossimo e l’impianto sarà operativo entro il 2015 con una portata di 63 miliardi di metri cubi di gas russo l’anno (un terzo potrebbe essere destinato all’Italia). Il primo tratto sotto il Mar Nero, dalla costa russa di Beregovaya alla bulgara Burgas. Il tratto terrestre attraverso Bulgaria, Serbia, Ungheria, Slovenia per finire, dopo 11 chilometri in Italia, a Tarvisio (per collegarsi alle reti austriache esistenti). Sia la Commissione europea a Bruxelles che il consorzio di estrazione a Baku oggi dicono che il Nabucco West è congelato ma non necessariamente morto. Ma, schiacciato da Tap e South Stream, difficilmente riuscirà a prendere il volo a breve. Un altro punto per il gas di Putin.
Danilo Taino
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