E il geotermico italiano compie un secolo forniture per 2 milioni di famiglie all’anno
MILANO — Sono stati i Romani primi a rendersi conto delle potenzialità dei vapori che fuoriuscivano dal terreno e che utilizzavano per alimentare i bagni termali. L’idea di sfruttarli industrialmente è venuta, invece, al chimico e scienziato Paolo Mascagni, alla fine del Settecento. Ma se si è dovuto aspettare un giovane commerciante francese, Franois de Lardarel, perché qualcuno cominciasse anche a guadagnarci dei soldi.
Il salto di qualità definitivo è di cento anni fa esatti: il 20 agosto del 1913, veniva inaugurata la prima centrale elettrica sulla strada collinare che dalla pianura porta a Volterra, in provincia di Pisa. E’ l’esordio “mondiale” dello sfruttamento della geotermia (dal greco geo e thermos, calore dalla terra): quelli che a scuola fanno studiare in due righe dedicati alle attività economica della Toscana come “sfruttamento dei soffioni boraciferi”.
Una attività di cui l’Italia grazie agli impianti di Lardarello – è stata a lungo leader per quantità di energia prodotta. E lo è ancora in Europa, superata nel mondo solo dai mega-impianti che possono sfruttare zone vulcaniche ancora più consistenti delle nostre, dagli Stati Uniti al Messico fino all’Indonesia.
E’ una sorta di rivincita dell’uomo sulla natura. Solitamente l’attività “tettonica” (lo scontro delle grandi masse magmatiche alle grandi profondità della crosta terrestre) causa terremoti ed eruzioni. In questo caso, in questo angolo di Toscana, si “limita” a portare in superficie il calore della terra sotto forma di vapore acqueo e gas (la forma più spettacolare è il geyser) che può essere convogliato fino ad alimentare turbine. Ma non sempre e non ovunque: in tutta l’area dei Campi Flegrei a Napoli, per esempio, i gas che emergono sono pericolosi per l’uomo e trattarli per lo sfruttamento energetico sarebbe diseconomico.
A gestire gli impianti voluti a inizio Novecento dal principe Ginori Conti (ultimo discendente, guarda caso, di Lardarel) ora è l’Enel. La prima centrale del 1913 era un gruppo a turbina da 250 chilowatt, che raggiunse con vari ampliamenti i 127 megawatt di potenza nel 1944. Cento anni dopo, gli impianti controllati dall’ex monopolista sono diventati in Toscana 34, per 722 megawatt di potenza e 5 miliardi di chilowattora prodotti (per rendere l’idea, è il consumo medio di 2 milioni di famiglie in un anno). Detto in altro modo, la produzione è pari a oltre l’1,8% di quella nazionale, da un paio di stagioni superata dal fotovoltaico che è salito al 3% del totale.
Per Enel è tutto guadagno, perché la geotermia come si può intuire, fa parte della pattuglia delle energie rinnovabili. E le conoscenze dei tecnici che vi si sono dedicati negli ultimi anni sono ora la base di partenza per il business che la controllata Enel Green Power vuole sfruttare in giro per il globo. Un’altra eccellenza “italiana” costretta a trovare fortuna all’estero. Ma in questo caso, proprio non si poteva fare diversamente.
Related Articles
In Italia un Comune su sette supera il 65% di raccolta differenziata
Domani la premiazione del concorso “Comuni ricicloni” di Legambiente: per il terzo anno consecutivo ha vinto Ponte alle Alpi (Belluno). Nel nord est i migliori sistemi di gestione dei rifiuti urbani. Al sud, Salerno si conferma fiore all’occhiello
Grandi navi a San Marco, il partito del sì con Confindustria, Cgil e Crusie Venice
VENEZIA Ieri sit-in del comitato contro l’alternativa di Porto Marghera
Carta e plastica, il giallo del riciclo ecco perché in Italia non conviene
ROMA. Poco conveniente per chi si affanna a recuperare buste di plastica e bottiglie dalla spazzatura, troppo per chi quegli imballaggi li produce e li immette sul mercato. Un dossier di Esper realizzato per conto dell’Associazione comuni virtuosi mette in discussione l’intero sistema italiano della raccolta e del riciclo dei contenitori.