“Destinazione Italia” per gli investimenti Fiat

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ROMA — Una colazione fuori programma, di quelle che servono, più di tanti incontri ufficiali, a prendere impegni e a misurare le reciproche intenzioni. Il pranzo tra Enrico Letta e i vertici del Lingotto consente al presidente del Consiglio di conoscere meglio quali sono le previsioni della Fiat e quali le richieste di Sergio Marchionne e John Elkann al sistema Italia. Serve anche ai vertici di Torino per ribadire l’impegno «a non chiudere alcun stabilimento », una rassicurazione che a Palazzo Chigi sarebbe stata accolta con favore. «Ho sentito parole importanti sulla volontà di Fiat di mantenere gli impegni sugli investimenti e ho espresso la volontà del governo di fare la sua parte perché questi investimenti abbiano successo», ha spiegato il premier ai suoi più stretti collaboratori al termine del pranzo.
Elkann e Marchionne hanno sottolineato al premier le difficoltà del mercato dell’auto nel Vecchio continente e in Italia dove la Fiat mantiene comunque una quota vicina al 30%. In queste condizioni, ragionano i vertici del Lingotto, non è facile dare risposte immediate alle richieste di investimento, in particolare sui due stabilimenti che oggi soffrono di più, Mirafiori e Cassino. Per il momento dunque saranno ancora necessarie massicce dosi di cassa integrazione. Ma non c’è solo l’economia a preoccupare Torino. C’è anche, dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale, il crollare del contesto di relazioni sindacali costruito in questi anni a colpi di strappi con il sistema confindustriale per emarginare i sindacati meno in linea con le posizioni dell’azienda. Così oggi è la Fiat a chiedere «nuove regole certe per la rappresentanza in fabbrica». Questo significa varare una legge. La Fiat vuol far conoscere il suo punto di vista prima che venga varata. E’ il problema che in queste settimane Marchionne definisce «la questione della certezza delle regole per investire ». «Investire in Italia non è impossibile e noi stiamo lavorando per rendere conveniente quella scelta», risponde Letta alle preoccupazioni della delegazione torinese.
Le strade individuate finora non sono andate a buon fine. Il precedente ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, aveva avviato un tavolo per discutere di sconti fiscali a chi produce in Italia e vende fuori dall’Ue. L’ipotesi piaceva alla Fiat quando prevedeva di produrre a Mirafiori e Cassino per vendere in America. Oggi quella discussione dovrebbe essere trasferita a un tavolo nazionale sulla filiera dell’auto che non è però ancora partito.
Letta ha invece presentato a Marchionne ed Elkann le linee del progetto “Destinazione Italia”. «Oggi — è il ragionamento che il premier ripete spesso ai suoi collaboratori — le aziende straniere che investono nel nostro Paese sono troppo poche. Dobbiamo aumentarne il numero, anche in vista dell’Expo del 2015. A settembre presenteremo il progetto al Consiglio dei ministri». In prospettiva l’idea potrebbe interessare molto alla Fiat, soprattutto se fosse imminente la fusione con Chrysler, argomento che è stato certamente affrontato nella colazione di ieri. Dopo la fusione tra Torino e Detroit, la nuova società quotata a New York potrebbe certamente essere considerata un’azienda straniera e usufruire dei vantaggi di “Destinazione Italia”. Due anni fa, scherzando, lo aveva detto lo stesso Marchionne in una intervista che aveva suscitato scalpore: «Se volete farvi considerare dagli italiani, andate all’estero e presentatevi come stranieri».


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