Dalle mensole ai rubinetti per fare i lavori di casa arriva “il marito in affitto”

by Sergio Segio | 10 Agosto 2013 16:12

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La buona notizia, in tempi di mariti 2.0, è che un uomo così esiste. Basta cercare in internet il “marito” più vicino e prenotare il servizio. Una media di 200 richieste di desperate housewives ogni settimana. Per soddisfarle circa 90 mariti in Italia e 150 in Europa. Un’ora il noleggio base. La tariffa? Dai 20 ai 30 euro. Una soluzione che piace alle single ma anche a quelle che un marito ce l’avrebbero ma, ogni volta che gli chiedono aiuto, ricevono un secco no. L’adorato compagno della vita è incapace o non ha voglia. Ed è così che tra le professioni emergenti in tempi di crisi c’è il “marito in affitto”, il “marito ad ore” o “le marì a louer”. I servizi più richiesti sono quelli noti come “lavoretti”: montare le mensole, aggiustare le ante dell’armadio, sistemare le prese. Le richieste di aiuto arrivano nell’85% dei casi da donne. Per metà sposate e metà single. Il restante 15% sono uomini che, pur di liberarsi dell’odiosa incombenza, pagherebbero qualsiasi cifra. Funziona in 19 regioni italiane e in 12 paesi esteri. Persino in Russia dove “muzh na chas” sta spopolando a 50 euro l’ora.
Tra le clienti più soddisfatte di “marito in affitto” c’è una quarantenne di Milano che vuole restare anonima: «Da circa un anno
uso il servizio e mi trovo benissimo, mi hanno montato le mensole e imbiancato la cucina. Mio marito non sarebbe in grado di fare nulla». Giovanni Grassetto, di Padova, ha inaugurato la sua società “marito a ore” in giugno ed è già boom: «Con la crisi bisogna reinventarsi, io ho ancora un
lavoro di direzione di cantieri ma il calo nel settore mi ha lasciato tempo libero e, con i miei collaboratori, abbiamo messo in rete le nostre capacità». La scelta del nome non è casuale: «È un’idea avuta con degli amici, nasce come una provocazione ma colpisce molto. Anche se la prima telefonata
è stata quella di un amministratore di condominio per il rifacimento di un tetto». La precisione è il punto di forza di Gianluca Zilianti, marito in affitto di Torino: «Io ero così efficiente in casa che tutte le amiche di mia moglie scherzando le chiedevano se ero in prestito. Così è diventato un lavoro». Racconta una giovanissima cliente: «Dopo essermi lasciata con il mio fidanzato ho bucato una gomma, avrei dovuto richiamarlo per fami aiutare, per fortuna mia madre mi ha dato il numero dei mariti a noleggio. È arrivato un signore rapidissimo, così ho risolto senza chiedere favori a nessuno».
C’è chi potrebbe parlare di crollo della tradizionale rete familiare fatta di mariti, figli e fratelli. Una sorta di vuoto antropologico, ma la sociologa Chiara Saraceno non è d’accordo: «Molti uomini non sono capaci di fare lavori domestici e, soprattutto non hanno il tempo. In più è utile in tempi di crisi. Già negli anni ‘70 gli operai della Fiat cassaintegrati arrotondavano con lavori a pagamento. Quello che mi stupisce è la scelta di usare quel termine coniugale che rivela una mentalità stereotipata». Per la Saraceno è un volersi richiamare a una famiglia mitologica che non esiste: «Non ci si sposa certo per avere un uomo che sistema l’antenna della tv o una donna che sappia cucinare. Ricordo il protagonista di un romanzo che “affitta una schiena” ed esegue piccoli lavori. Forse sarebbe uno slogan più appropriato per descrivere quello di cui tutti abbiamo bisogno. Senza doverlo “sposare”».

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