Cosa sappiamo dell’attacco in Siria
Come noto da ieri, nelle prime ore di mercoledì 21 agosto i militari fedeli al presidente siriano Bashar al Assad hanno bombardato diversi quartieri orientali di Damasco – Douma, Jobar, Zamalka, Arbeen e Ein Tarma – che si trovano sotto il controllo dei ribelli. Secondo le opposizioni siriane, l’esercito ha lanciato anche missili contenenti agenti chimici tossici: se confermato, quello di domenica sarebbe il più grande attacco chimico compiuto dall’inizio della guerra in Siria. Il governo siriano ha smentito di avere fatto uso di sostanze chimiche durante il bombardamento, e finora non è stato possibile avere verifiche indipendenti su quanto successo. BBC ha pubblicato una mappa che indica i luoghi dell’attacco.
George Sabra, presidente della Coalizione Nazionale Siriana – gruppo di opposizione riconosciuto e sostenuto dall’Occidente – ha detto che le persone uccise nei bombardamenti sono almeno 1300. Il numero stimato da Sabra è anche superiore rispetto a quello diffuso dai Comitati di coordinamento locale, anch’essi dell’opposizione, che si è fermato intorno a qualche centinaia.
Mercoledì, per tutto il giorno, sono stati diffusi online video e foto del bombardamenti, e i più grandi giornali internazionali hanno contattato esperti di armi chimiche per capire se si sia trattato di un bombardamento “convenzionale” o di un attacco chimico. Anche la comunità internazionale ha reagito duramente di fronte alle immagini del massacro, anche se le informazioni che si hanno finora sono ancora molto confuse. In ordine, ecco quello che sappiamo dell’attacco di ieri, e cosa ne dicono gli esperti di Siria e di armi chimiche.
I video e le foto diffusi su internet
Il lavoro più completo di raccolta di foto e video è stato fatto dal blogger Eliot Higgins, che gestisce il blog “Brown Moses“: Higgins ha creato una playlist (con immagini molto impressionanti e forti, attenzione) con tutti i video pubblicati in rete relativi al bombardamento. Analizzando le immagini di questi video, molti esperti stanno discutendo – senza mettersi d’accordo – se si possa parlare di attacco con armi chimiche (e se sì, quali?).
The Lede, il blog del New York Times che si occupa di contenuti multimediali, ha cercato di mettere un po’ d’ordine tra tutto il materiale che è stato diffuso in internet. Per prima cosa ha spiegato che tutti gli account che hanno pubblicato i video su Youtube relativi al presunto uso di sostanze chimiche durante il bombardamento sono affiliati a ribelli e attivisti di alcune città della regione orientale di Ghouta, a est di Damasco, come Erbeen, Kafr Batna, Saqba e Jisreen. Molti di questi sono particolarmente strazianti: mostrano bambini morti stesi per terra uno di fianco all’altro in edifici che sembrano obitori improvvisati.
Alcuni di questi video mostrano anche le procedure mediche compiute sui feriti: un video proveniente da Erbeen mostra un dottore premere un respiratore manuale sulla bocca di un ragazzo che sembra non rispondere agli stimoli, mentre un secondo dottore prepara un’iniezione a un altro bambino con le labbra blu. Un altro video mostra un gruppo di dottori che circondano un uomo a terra con le convulsioni. I ribelli della città di Jobar hanno caricato un video (poi da loro sottotitolato in inglese) che fa vedere un dottore descrivere la sua esperienza durante i soccorsi di mercoledì. Ciò che dice il medico, scrive The Lede, sembra confermare l’ipotesi dell’uso di sostanze chimiche tossiche.
Il medico, che non rivela il suo nome, dice inoltre che molti corpi sono stati trovati negli scantinati delle abitazioni nei quartieri bombardati. Molte persone hanno creduto di potersi rifugiare lì per evitare le conseguenze dei missili e del gas, non sapendo però che gli agenti chimici sono più densi nell’aria, e quindi più potenti, quando si diffondono in ambienti chiusi. I sintomi riscontrati sui feriti dai centri medici della zona sono stati definiti anche da altri esperti come compatibili con l’uso di armi chimiche: includono perdita di coscienza, schiuma dal naso e dalla bocca, restrizione delle pupille, tachicardia e difficoltà respiratorie, senza che sui corpi ci fossero segni evidenti di ferite. È di questo parere, per esempio, il professore Alexander Kekule dell’Istituto per la Microbiologia Medica dell’Università di Halle, in Germania.
Gli scettici
Secondo gli esperti contattati dal New York Times, però, le immagini dei video non dimostrerebbero l’uso di armi chimiche, in particolare di gas nervino, i cui effetti interferiscono con il sistema nervoso delle persone esposte e possono causare defecazione, vomito, intensa salivazione e tremori. In alcuni pazienti, aggiunge in New York Times, questi sintomi sarebbero presenti sono parzialmente. Il Times cita anche la tesi di Gwyn Winfield, direttore editoriale del giornale specializzato in armi non convenzionali CBRNe World. Winfield ha detto che se si fosse trattato di un attacco chimico anche i medici esposti a un numero così elevato di persone malate avrebbero dovuto presentarne i sintomi: ma questo nei video non si vede. Secondo Winfield durante i bombardamenti di mercoledì mattina molte persone potrebbero essere state uccise dall’uso di gas lacrimogeno in spazi ristretti, come gli scantinati delle case della zona.
L’Atlantic cita Steve Johnson, anche lui di CBRNe World ed esperto di attacchi chimici e biologici, che mette in dubbio la dinamica e il tempismo del presunto attacco chimico, parlando di “cospirazione”. Secondo Johnson i ribelli avrebbero messo in piedi un falso attacco, o un doppio bluff: «Potrebbe esserci stata una fuoriuscita accidentale di gas a causa del vasto bombardamento o anche un’interpretazione sbagliata da parte dell’opposizione sui sintomi delle vittime che subiscono gli effetti di forti esplosioni o shock». In diversi comunque nelle ultime ore hanno parlato del tempismo del presunto attacco, mettendo in dubbio che il governo siriano abbia voluto compierlo proprio a circa 48 ore di distanza dall’arrivo degli ispettori internazionali dell’ONU incaricati di indagare sull’uso di armi chimiche in Siria.
Cosa ha detto il Consiglio di Sicurezza dell’ONU
Mercoledì sera si è tenuta una riunione d’emergenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Al termine dell’incontro, il vice segretario generale Jan Eliasson ha detto che l’ONU si aspetta che venga fatta chiarezza sull’attacco. I rappresentanti di 35 stati che hanno partecipato alla riunione hanno chiesto che agli ispettori dell’ONU a Damasco venga permesso di andare nei luoghi del presunto attacco chimico, per fare i rilevamenti necessari.
Ci sono da fare due osservazioni su questo. Il Consiglio di Sicurezza non ha di fatto preso una posizione netta su quanto accaduto: il corrispondente di BBC ha detto che Cina e Russia, che dall’inizio della guerra in Siria appoggiano il regime di Assad, hanno bloccato il tentativo di altri stati di diffondere un comunicato di condanna più dura sui fatti di mercoledì. Reuters ha di fatto confermato quanto scritto da BBC, aggiungendo di avere visto una bozza stilata dagli occidentali che è stata sottoposta alla votazione del Consiglio di Sicurezza, ma che non è stata approvata per l’opposizione di Russia e Cina (che hanno il potere di veto). Inoltre, sembra difficile che agli ispettori dell’ONU venga permesso di raggiungere la zona di Ghouta, perché non rientra nei luoghi in cui il governo siriano ha autorizzato i sopralluoghi.
Gli attacchi con armi chimiche in Siria
Non è la prima volta che gli attivisti accusano il governo siriano di fare uso di armi chimiche sui ribelli e sulla popolazione civile. Secondo un rapporto di Associated Press, il coordinatore speciale dell’ONU per il processo di pace in Medio Oriente, Robert Serry, ha detto che l’ONU ha ricevuto rapporti di 13 diversi episodi di presunto uso di armi chimiche in Siria, dal 19 marzo 2013 ad oggi. Nel corso degli ultimi mesi, comunque, ribelli e governo siriano si sono accusati reciprocamente di avere fatto uso di armi chimiche.
Tra i paesi che hanno condannato con più forza quello che credono essere un attacco chimico compiuto dalle forze governative siriane ci sono la Francia e il Regno Unito. Giovedì mattina il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, ha detto alla televisione francese BFM che la comunità internazionale dovrebbe rispondere con la forza se l’attacco chimico venisse confermato. Fabius ha aggiunto che se il Consiglio di Sicurezza non è riuscito a prendere una decisione, questa dovrà essere presa in “altri modi”, senza specificare altri dettagli.
L’amministrazione statunitense ha invece mantenuto fino ad ora un atteggiamento molto cauto sulla faccenda, sottolineando più volte come non ci siano conferme indipendenti dell’attacco chimico. Un anno fa, il 20 agosto 2012, il presidente statunitense Barack Obama si riferì per la prima volta all’uso di armi chimiche in Siria come a una “linea rossa”, superata la quale gli Stati Uniti sarebbero intervenuti nella guerra: fino ad ora però, nonostante diversi rapporti di intelligence e inchieste giornalistiche che ne sostengono l’uso, gli Stati Uniti non hanno preso alcuna decisione significativa sulla Siria. Riferendosi all’inazione di Obama degli ultimi mesi, il senatore repubblicano John McCain, uno dei più grandi critici della politica del presidente in Medio Oriente, ha scritto su Twitter: «Nessuna conseguenza per l’uso di armi chimiche da parte di Assad, e per avere superato la linea rossa. Non dovremmo essere sorpresi che le stia usando di nuovo»
Related Articles
I « due marò »: quello che i media (e i politici) italiani non vi hanno detto
Una delle più farsesche “narrazioni tossiche” degli ultimi tempi è senz’altro quella dei “due Marò” accusati di duplice omicidio in India. Fin dall’inizio della trista vicenda, le destre politiche e mediatiche di questo Paese si sono adoperate a seminare frottole
Le sanzioni contro la Russia, un gioco Nato truccato
Basta ricordare che a chiedere di toglierle del tutto le sanzioni alla Russia – non solo rivederle – è stato Romano Prodi, l’ex presidente della Commissione Ue
Anche la Germania si «schiera» con gli Usa. Con prudenza
VILNIUS Il segretario di stato Kerry incontra i ministri degli esteri dei paesi Ue ma incassa un documento ambiguo. I 28 sottoscrivono una «risposta forte e chiara» all’attacco chimico avvenuto in Siria il 21 agosto