by Sergio Segio | 9 Agosto 2013 6:28
Il 7 o l’8 è in via di definizione una grande manifestazione del popolo Cinquestelle a Roma a difesa della Costituzione (e non solo). A settembre se non prima si saranno dissipati i dubbi sul possibile appoggio a un esecutivo che comprenda personalità di alto profilo della società civile gradite al Movimento. E sempre tra un mese si ripartirà con il refrain delle votazioni per scegliere il capogruppo del Senato e il vice della Camera (dove, per il meccanismo di rotazione, Alessio Villarosa, attuale vicario, subentrerà a Riccardo Nuti lasciando scoperta la carica). Allora probabilmente riemergeranno anche le fratture tra le varie anime dei pentastellati.
Una tregua, quella estiva, che sta dando qualche frutto. Anche concreto. Un paio di settimane fa, infatti, c’è stata la votazione per le altre cariche dei Cinquestelle a Palazzo Madama: vicecapogruppo, tesoriere, segretario (differente il discorso alla Camera, dove è in vigore uno statuto diverso che prescrive un ricambio su base annuale). Risultato? Non è cambiato nulla o quasi nonostante lo statuto dei senatori pentastellati preveda all’articolo 3 che gli eletti abbiano «cadenza trimestrale, nel rispetto del principio di rotazione tra i componenti del gruppo».
Nel Movimento c’è chi suggerisce che si tratti di «una pace armata» tra dissidenti — pronti a tornare alla carica per selezionare il sostituto del capogruppo Nicola Morra e compatti anche in queste votazioni di luglio nel far sentire il loro peso — e fedelissimi. Un patto per non alimentare malumori dopo il caso Gambaro e alla vigilia della pausa estiva. Fonti vicine ai senatori smentiscono le ipotesi di un congelamento dello status quo per opportunità politica e parlano invece di «conferme in base alle competenze», citando come esempio il caso di Sergio Puglia, consulente del lavoro e tesoriere del gruppo. Sulla stessa linea anche Vito Crimi, che nega fratture: «Non ci sono grosse tensioni interne, stiamo lavorando e quando si lavora in questo modo si rafforza un senso di unità e compattezza». Qualcosa di insolito dei pentastellati però è avvenuto. L’ex capogruppo spiega che la scelta di confermare quasi tutti nelle loro rispettive cariche — l’unica novità è rappresentata dalla nomina a vice di Michele Giarrusso al posto di Luis Alberto Orellana — è dettata dal fatto che «hanno funzioni di servizio ed è logico che in questo momento, almeno per un altro trimestre, fosse necessario dare un senso di continuità. Rappresentano anche la nostra memoria negli uffici delle istituzioni»: Crimi parla di una «soluzione condivisa da tutti». Uno strappo allo statuto, insomma, con il placet unanime dei pentastellati di Palazzo Madama.
Intanto ieri, Beppe Grillo lancia l’ennesima provocazione con un sondaggio online su «chi comanda in Italia». Il leader spiega in un post: «La politica economica la detta la Germania, la politica estera gli Stati Uniti che ci usano come portaerei nel Mediterraneo, la politica industriale la Francia (e non solo). La politica sociale la imposta, spesso con leggi incomprensibili, la UE. La politica di bilancio la impone la BCE. L’indirizzo morale e religioso il Vaticano». Grillo, intervistato da Stephan Faris per Blloomberg Businessweek, ha parlato della situazione del Movimento: «Gli altri partiti ci hanno messo all’angolo. Perché hanno fatto questo colpo di Stato. In una notte il presidente Giorgio Napolitano ha prolungato il suo mandato a sei anni in più di quello di Obama, 14 anni». Il capo politico dei Cinque Stelle poi ha temporeggiato, nonostante le sette domande di Faris, su come voterà in caso di referendum sull’euro. Poi ha spiegato che non vuole dare indicazioni «perché non è il ruolo di un leader di un partito o di un movimento decidere cosa fare o influenzare gli altri».
Emanuele Buzzi
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