by Sergio Segio | 24 Agosto 2013 9:11
Ma adesso il centrodestra berlusconiano si dice favorevole. La ragione è evidente oltre che abituale: l’interesse privato di Silvio Berlusconi. Il Cavaliere ha già beneficiato di un indulto, quello del 2006, che gli ha tolto tre dei quattro anni di carcere a cui è stato condannato definitivamente a fine luglio. Non gli basta. Ha bisogno che venga cancellato anche il reato in forza del quale, per la legge Severino e per l’imminente interdizione, non può più entrare in parlamento. Ha bisogno cioè di un’amnistia molto ampia che comprenda anche il grave reato tributario che per la giustizia italiana ha commesso. Anche se non può spingersi fino a immaginare la cancellazione della concussione, per la quale è stato condannato a sei anni in primo grado nel processo Ruby, e soprattutto della prostituzione minorile.
Le motivazioni del fronte berlusconiano sono chiare, non c’è da discuterne troppo né da farsi ingannare dalle parole di solidarietà con i detenuti che sentiremo nei prossimi giorni. La domanda è se chi, come questo giornale, ha sempre sostenuto la necessità dell’amnistia e dell’indulto per restituire un po’ di umanità alle galere (servirebbero anche un’ampia depenalizzazione e il superamento del carcere come strumento unico di esecuzione della condanna), di fronte all’opportunismo della destra, debba mettere in secondo piano i suoi principi e le sue ragioni. Si può, cioè, smettere di essere per l’amnistia e per l’indulto perché adesso fanno comodo a Berlusconi? Sì può, ma solo al prezzo di proseguire nella logica che se una cosa va bene a lui è necessariamente sbagliata, che è poi il trionfo per annessione del berlusconismo.
Nel 1992 è stata modificata la Costituzione per alzare ai due terzi di ciascuna camera il quorum richiesto dalle leggi di amnistia e indulto. Da allora non c’è più stata nessuna amnistia. Prima, lungo la storia della Repubblica, ce n’era una ogni due o tre anni. Anche oggi la migliore amnistia e il migliore indulto probabilmente terrebbero fuori la frode fiscale che riguarda Berlusconi, per la banale ragione che sono davvero pochi i «colletti bianchi» che stanno pagando per quei reati. Ma sicuramente senza coprire il Cavaliere non ci sarebbe alcuna disponibilità del Pdl a votare il provvedimento. Riconoscere l’opportunismo di Berlusconi non dovrebbe impedire di cogliere l’occasione, se si ha il coraggio di credere nelle proprie idee.
Sarebbe l’ennesima legge ad personam? Berlusconi ne ha già avute tante, questa per una volta riguarderebbe anche molte altre persone (assai più disgraziate di lui). E se è vero che uno dei lasciti peggiori del berlusconismo è l’idea che le regole si possono piegare al proprio beneficio, in questo caso amnistia e indulto, proprio perché riguardano tanti, contengono un elemento di uguaglianza; al contrario di tutte le amnistie non dichiarate di cui ha già potuto godere Berlusconi in questi anni, nella forma delle prescrizioni che gli hanno guadagnato i suoi preziosissimi avvocati. Ma c’è di più: dal momento che la ragion di stato delle larghe intese è avviata in ogni caso a trovare qualche rimedio «politico» ai guai del Cavaliere, molto meglio sarebbe una soluzione alla luce del sole, attraverso un dibattito parlamentare in cui ognuno assuma le sue responsabilità. Il presidente della Repubblica accenna già a un provvedimento di clemenza che sarebbe fuori dalla prassi e dai limiti imposti dalla Corte Costituzionale. Il senato immagina un ricorso alla Consulta che è al di là dalle regole. Votando l’amnistia alla luce del sole il parlamento renderebbe non necessari questi pericolosi strappi alla Costituzione. E infine, anche a voler guardare il mondo dalle spalle del Cavaliere, si può essere proprio sicuri che l’amnistia lo rafforzerebbe? Non perderebbe piuttosto in un colpo solo tutto il vittimismo sul quale ha costruito buona parte della sua popolarità? L’amnistia e l’indulto sono un’occasione da cogliere.
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