Allarme Al Qaeda anche dall’Interpol

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La versione ufficiosa, svelata dal New York Times , è che sono state le intercettazioni di dialoghi tra capi qaedisti nella Penisola arabica a far scattare l’ultimo allarme terrorismo. Gli americani, grazie ai sofisticati apparati della Nsa, avrebbero registrato comunicazioni inquietanti che farebbero pensare a attentati contro ambasciate occidentali e turisti. «Un flusso di minacce», ha spiegato il capo di stato maggiore, generale Martin Dempsey, più specifico rispetto a quanto emerso in altri momenti di crisi.
La partita, in realtà, è più complessa e lo dicono le dimensioni dell’emergenza. Ben 21 ambasciate Usa chiuse nella giornata di oggi. Stessa misura per le rappresentanze britannica, francese e tedesca nello Yemen mentre quella italiana rimane aperta se pur con vigilanza accresciuta. Invito alla cautela per i viaggiatori americani fino al 31 agosto. Disposizioni della Casa Bianca ad aumentare la protezione di siti e persone.
Un coro di voci tutte sulla stessa nota. Occhio, i qaedisti potrebbero colpire e su più livelli. Con un’attenzione particolare sulle cellule operanti nella Penisola arabica, già protagoniste di attacchi contro il trasporto aereo civile.
Non sarebbe però strano se la storia delle intercettazioni fosse solo una parte della «narrazione». Proprio i precedenti episodi hanno rivelato che le intelligence — in particolare quella saudita — sono riuscite a infiltrare loro talpe nel movimento estremista nella Penisola arabica (in sigla AQAP). E dunque è necessario tutelare l’eventuale informatore fornendo un racconto alternativo. Che, per ora, poggia su una serie di elementi di fonte diversa. Mettiamoli in ordine.
1. In queste settimane i quadri yemeniti di Al Qaeda avrebbero «chiacchierato» parecchio circa la possibilità di sferrare un’operazione anti-occidentale. Uno dei tanti piani reso ancora più urgente dall’uccisione di alcune pedine importanti tra le loro file.
2. Qasim al Rhimi, esponente di AQAP, ha celebrato le bombe di Boston e auspicato nuovi attentati. Ai suoi ordini Ibrahim al Asiri, il mago degli ordigni esplosivi e tra i super ricercati.
3. L’Interpol, ieri, si è «accorta» delle maxi evasioni organizzate dai jihadisti in nove paesi (migliaia i fuggiaschi) e ha sollecitato indagini per capire se si tratti di un piano globale.
Le situazioni specifiche, emerse dal lavoro sotto traccia degli agenti, si sono legate a quelle più generali, conseguenza della forte tensione che scuote il mondo musulmano da Tunisi fino a Kabul. Divisioni che aprono spazi favorevoli alle manovre qaediste. Tanto è vero che il successore di Osama, Ayman Al Zawahiri, si è riproposto sulla platea per cavalcare la grande delusione. In un messaggio audio ha accusato gli Stati Uniti di aver complottato per rovesciare il presidente egiziano Morsi, ma ha anche colto l’occasione per criticare (di nuovo) la Fratellanza, colpevole di aver accettato le regole della democrazia per compiacere l’America. Per Al Zawahiri la sola via percorribile resta la lotta armata. Dunque gli attentati. E, fonti statunitensi, sostengono che il leader di Al Qaeda avrebbe affidato all’attuale capo di AQAP, lo yemenita Nasser Al Wahishi, la responsabilità del fronte operativo. Scelta caduta su un uomo esperto e per molto tempo al fianco dello stesso Bin Laden. Una conferma della saldatura tra la casa madre, affievolita dalla pressione militare, e i seguaci regionali, gli unici oggi in grado di agire sul piano internazionale.
Guido Olimpio


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