Al via la cacciata dal parlamento

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Stasera alle 20, si riunisce la Giunta per le immunità del Senato. Ufficialmente all’odg c’è il procedimento per il ricorso sull’ineleggibilità del senatore Berlusconi. Nel frattempo tornato a Arcore. In realtà gli occhi sono puntati su una faccenduola parallela e affine: la decadenza del medesimo senatore in base alla legge Severino che impone incandidabilità e cacciata dagli scranni parlamentari per i condannati a oltre due anni.
La partita si giocherà su quel tavolo. Aldilà del polverone di ipotesi fantasiose e di retroscena più o meno pilotati sulle intenzioni del Quirinale, la strada di un provvedimmento ad personam, come la commutazione della pena, appare sbarrata. A maggior ragione lo è quella di un’amnistia che dovrebbe coronare la riforma della giustizia. E’ stato lo stesso capo dello Stato a frenare la ridda di voci, facendo filtrare dagli immancabile «ambienti del Quirinale» una presa di posizione durissima, secondo cui il presidente «si augura che non si eserciti su di lui, attraverso interpretazioni infondate e commenti intempestivi, una intrusione in una fase di riflessione che richiede il massimo di ponderazione e serenità».
Napolitano non vuol spingere Berlusconi verso la rottura. Quindi evita un no esplicito. Però non vuole nemmeno che si disserti su possibili «spiragli». Certo, il presidente non si opporrebbe a ua riforma della giustizia già invocata da lui stesso e dal comitato di saggi da lui convocato, ma quella via, nella situazine data, è il Pd a non poterla percorrere. L’epilogo del caso Berlusconi, si consumerà intorno alla sua decadenza da senatore, passaggio ad altissima valenza simbolica oltre che concreta.
In Giunta il M5S chiederà di discutere subito della decadenza e una parte del Pd concorda. Scelta civica invoca il parere dirimente del presidente della Giunta, Dario Stefàno (Sel). Il Pdl sostiente invece che il caso non possa ancora essere discusso, non essendo ancora pervenute le motivazioni della sentenza. In ogni caso è deciso a chiedere l’istituzione di una commissione inquirente. Quest’ultima ipotesi comporterebbe tra l’altro la concessione di 20 giorni di tempo a Berlusconi per consentirgli di approntare la sua «difesa».
Il procedimento che passa per la convocazine della commissione suddetta e della memoria difensiva dell’ «imputato» è obbligatorio nei casi di ineleggibilità. Secondo molte e autorevoli opinioni non lo sarebbe invece nel caso di decadenza per sopravvenuta condanna, perché qui si tratterebbe solo di prendere atto e procedere. Un passaggio formale ma nulla più. Va da sé che anche su questo punto il Pdl mette in campo argomentazioni di segno opposto, in particolare sotenendo l’inapplicabilità della legge Severino al caso Berlusconi, in quanto i reati sarebbero stati commessi prima del varo della legge.
La propensione del presidente della Giunta è a modo suo salomonica. Stefàno intende garantire in pieno i diritti della difesa ma allo stesso tempo evitare di perdere tempo. La quadratura del cerchio consisterebbe nell’ «incastonamento» della vicenda derivata dalla sentenza Mediaset nel quadro della già avviata discussione sulla ricorso per ineleggibilità. In questo modo la relazione affidata al pdl Augello potrebbe concludersi già stanotte, ma in caso contrario Stefàno si dice determinato a proseguire la riunione anche domani. Una volta conclusa la prolusione del relatore, il presidente della Giunta intenderebbe cocnedere sia la commissione inquirente che i 20 giorni per preparare a difesa, ma a partire da subito, in coincidenza cioè con la pausa estiva dei lavori di palazzo Madama. Entro settembre, l’aula potrebbe quindi esprimersi sulla decadenza di Berlusconi. E’ stato lo stesso Stefàno, dagli studi di Agorà , a dichiarare ieri che non c’è bisogo di aspettare ottobre e che la pratica si può concludere entro settembre.
Per quella data Berlusconi dovrà aver preso le sue sofferte decisioni: se far cadere il governo, esponendosi al rischio della nascita di una nuova maggioranza con eventuali fuoriusciti sia del M5S che del Pdl o se rassegnarsi alla cacciata dal Parlamento, ma anche se chidere i domiciliari o l’affidamento ai servizi sociali oppure, come è sempre più propenso a fare, drammatizzare al massimo chiedendo di varcare i cancelli del carcere. Sempre che a settembre si arrivi davvero, perché da ieri, tra i falchi pdl, sono ripartite le voci su una possibile rottura già in agosto. Provocando la crisi non sulla sorte del gran capo, ma su quella dell’Imu e dell’Iva.


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