«Ecco le prove che inchiodano Assad»
WASHINGTON — L’atto d’accusa americano contro la Siria è racchiuso in due numeri scritti nel rapporto dell’intelligence: il 21 agosto, i gas letali lanciati dal regime hanno sterminato 1.429 persone, di queste 426 erano bambini. Una «sfida al mondo» l’ha definita Barack Obama che, tuttavia, «non ha ancora deciso» la risposta e sta esaminando «molte opzioni». Il presidente vuole prima consultare il Congresso che lo ha chiesto con grande vigore, preoccupato delle conseguenze e dubbioso sulla strategia finale. Per questo la Casa Bianca ha ribadito che un’eventuale azione militare sarà «fatta su misura e limitata», non verranno inviati soldati, non ci sarà alcuna campagna che risucchi il Paese in altro conflitto. «Nessuno è più stanco di guerre di me, ma abbiamo il dovere di rispettare le norme internazionali. Inaccettabile che siano uccise donne e bimbi», ha spiegato Obama denunciando «l’impotenza del Consiglio di Sicurezza Onu». Molti dicono che bisogna agire — sono state le sue parole — e poi non lo fanno.
Le indicazioni del presidente hanno seguito di pochi minuti l’intervento del segretario di Stato John Kerry che ha presentato il rapporto dell’intelligence su quanto è avvenuto in Siria. Una versione — secondo i funzionari — che non svela tutto quello che sanno gli Usa in quanto ci sono fonti riservate da tutelare. Nell’analisi dello spionaggio non ci sono dubbi sulla «evidente» responsabilità del regime ed è «altamente improbabile» che siano stati gli oppositori a usare i gas.
Questa la ricostruzione Usa. Frustrati dalla resistenza dei ribelli, il 18 agosto, i governativi hanno iniziato la preparazione delle armi chimiche, incluso il sarin, nella zona di Adra, vicino a Damasco. Ed hanno proseguito per tre giorni. Movimenti individuati dall’intelligence Usa attraverso i satelliti spia, intercettazione e fonti sul terreno. Alle 2.30 del 21 i militari hanno aperto il fuoco con razzi e artiglieria contro diversi quartieri dove poi si sono avute le vittime. Nel rapporto Usa si precisa che 90 minuti prima che si diffondessero le notizie sui media, gli americani hanno tracciato una salva di razzi sparata dai lealisti. Altre fonti, citate dall’agenzia turca Anadolu , hanno confermato che le unità coinvolte (diverse) erano legate alla 155esima Brigata (basata a Qutayfa) e alla IV Divisione, comandata da Maher Assad, il fratello del presidente.
Monitorando le comunicazioni, gli Usa hanno «agganciato» le parole di un alto ufficiale siriano che confermava l’uso dei gas ed esprimeva il timore che gli ispettori Onu potessero scoprirne i residui. Nel pomeriggio del 21 gli americani hanno raccolto un altro frammento: il regime ha ordinato ai reparti «chimici» di terminare le operazioni. La mano è passata all’artiglieria convenzionale che ha sottoposto l’area dove hanno usato i gas ad un bombardamento continuo, con una cadenza superiore a quella impiegata in altre occasioni. Le bombe sono piovute per giorni. Un tentativo — ha denunciato Kerry — di distruggere eventuali prove. «Ho sollecitato personalmente il governo siriano a autorizzare l’ispezione dei funzionari Onu e invece hanno fatto di tutto per ostacolarla», è stata sua la denuncia.
Proprio gli ispettori hanno concluso ieri la loro missione e alcuni hanno già lasciato il Paese. Più avanti, dopo gli esami in laboratorio, renderanno noti i risultati dell’inchiesta ma si limiteranno a confermare o meno se sono stati usati i gas. Curioso. I «poliziotti» non diranno chi è il colpevole. Con la loro partenza il campo sarà libero per l’eventuale attacco. Persa per ragioni politiche interne la Gran Bretagna, gli Usa hanno al loro fianco la Francia, due amici non sempre in sintonia. Sui tempi siamo alle ipotesi più varie. Hollande, che ha avuto un lungo colloquio con Obama, ha detto «entro mercoledì». Un’operazione affidata ai missili da crociera delle cinque navi e probabilmente dai bombardieri. Una soluzione che non soddisfa la Turchia. Bellicosa, ha messo in allarme le sue forze ed ha espresso il suo dissenso per i limiti imposti dalla Casa Bianca. Ankara vorrebbe un assalto che porti al cambio di regime a Damasco, Obama lo ha escluso.
Guido Olimpio
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