L’«erede» di al Zarkawi ora punta su Damasco

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Oggi in Iraq, domani in Siria. Allo scopo di rendere ancora più efficiente sul terreno il comando unificato di al Qaeda nei due Paesi. Shaker Wahiyib al-Fahdawi con ogni probabilità lavora al progetto di un primo Stato islamico a guida qaedista che dovrà comprendere Damasco e Baghdad, fondarsi sugli insegnamenti dei primi califfi dell’Islam e che al suo interno dovrà vedere i «pagani» sciiti in una condizione di piena sottomissione. Per ora è solo un “sogno” ma a crederci sono sempre di più in quella galassia salafita-jihadista che rappresenta il serbatoio principale di combattenti e di sostenitori di al Qaeda.
Prima però Shaker Wahiyib al-Fahdawi deve completare la riorganizzazione di al Qaeda in Iraq, di nuovo in forte ascesa nel paese dopo le sconfitte militari subite nel biennio 2007-2009 e tornata alla sua principale attività: colpire gli sciiti al potere a Baghdad, città-simbolo nei secoli passati del domino sunnita nell’Islam. È una lotta fatta di attentati sanguinosi, a ripetizione, che lo scorso luglio ha provocato mille morti. Certo, non tutti gli attacchi registrati negli ultimi mesi sono stati opera dello «Stato Islamico in Iraq» (al Qaeda) ma la sua firma è su molti di essi.
Shaker Wahiyib al-Fahdawi è un nome che ora non dice molto. Presto sarà noto a tanti. Da quando il capo dello «Stato Islamico in Iraq», Abu Bakr al-Baghdadi (Abu Dua), si è trasferito in Siria per dare vita e dirigere lo «Stato Islamico in Iraq e nel Levante», al-Fahdawi di fatto ha preso il comando dell’organizzazione in Iraq diventando tristemente famoso per la sua brutalità nel combattere il governo al Maliki e gli sciiti. La sua notorietà è cresciuta di recente, da quando ha deciso di non agire più con il volto coperto dal passamontagna come fanno i suoi compagni. Uccide, spara, assalta a volto scoperto, in segno di sfida verso i suoi nemici. È riuscito a prendere il controllo del deserto occidentale dell’Iraq attraversato dalle autostrade che collegano Baghdad alla Giordania e alla Siria. Il governo al Maliki non può ammetterlo ma la provincia di al Anbar è in gran parte tornata nelle mani dei miliziani qaedisti da quando nel paese si è riacceso lo scontro tra la minoranza sunnita e la maggioranza sciita, a causa anche della guerra civile a carattere settario che brucia la Siria.
Di al Fahdawi c’è una sola foto disponibile, grazie a un video girato il 2 giugno, messo in rete dalla sua organizzazione, che lo mostra, a volto scoperto, mentre uccide a sangue freddo alcuni camionisti (probabilmente siriani) diretti a Baghdad. La loro colpa? Essere alawiti, ossia fare parte della stessa comunità di origine sciita alla quale appartiene il presidente siriano Bashar Assad. Gli sfortunati autisti avevano tentato di salvarsi proclamandosi sunniti, ma al Fahdawi non ha impiegato più di qualche minuto per capire che facevano parte della «setta» nemica. Li ha giustiziati senza pietà davanti alla telecamera che ha filmato il «processo» e l’esecuzione degli «infedeli».
Giovane, 27 anni, al Fahdawi viene già considerato l’«erede» di Abu Musab al Zarqawi, il capo di al Qaeda in Iraq ucciso dagli americani nel 2006 e passato alla storia come il più grande organizzatore di attentati anti-sciiti più che di attacchi contro le truppe occupanti. «Al Fahdawi è l’unico che uccide a volto scoperto. Agisce per proclamare uno Stato islamico (sunnita) in Iraq. È furbo e pericoloso», dice Yassin Dwaij, capo dell’intelligence nella provincia di al Anbar. Deve la sua notorietà anche alla fuga, lo scorso anno, dalla prigione dove era detenuto e ai poemi a sfondo religioso che recita durante le manifestazioni di protesta dei sunniti contro il governo al Maliki. Su di lui pende una taglia di 50mila dollari ma finora nessuno ha osato tradirlo.
Al Fahdawi rappresenta la «nuova» al Qaeda. L’organizzazione fondata da Osama bin Laden era una sorta di setta segreta, isolata, verticale, che agiva con pochi uomini compiendo attentati clamorosi e devastanti. La nuova al Qaeda è orizzontale, movimentista, inserita nel confronto-scontro ideologico con altre cellule di ispirazione qaedista. Nonostante qualche divergenza sfociata in sparatorie e uccisioni, in Siria non esita a combattere assieme a formazioni armate anti- Assad non ispirate al jihadismo, tra le quali l’Esercito libero siriano. Inoltre accoglie nei suoi ranghi mujahedin provenienti da ogni parte del mondo, dalla Cecenia all’Europa.
Non è chiaro quanto il successore di Bin Laden, l’emiro Ayman al Zawahri, abbia influenza su di essa. Si potrebbe definirla al Qaeda 2.0, meno segreta, impegnata a combattere il nazionalismo arabo laico, l’indipendentismo curdo e l’alawita Assad, piuttosto che a colpire gli interessi occidentali. Ieri, ad esempio, fonti siriane citate dall’Ansa riferivano che gruppi di ceceni e di varie nazionalità arabe hanno ucciso tre settimane fa un numero imprecisato di siriani, civili e militari, tutti uomini, della comunità alawita nella regione di Latakia, e hanno rapito oltre cento tra donne e bambini.
Di questa nuova al Qaeda, che non manifesta ostilità aperta verso gli Usa e l’Europa e che riceve finanziamenti da oscuri «donatori» residenti nelle monarchie del Golfo alleate di Washington, il giovane e spietato Shaker Wahiyib al-Fahdawi presto potrebbe diventare il capo, abbracciando un territorio di «operazioni» vasto che va da Baghdad a Damasco.


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