“Per il diritto internazionale senza Onu l’intervento è illegittimo”

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È DIBATTITO aperto fra i giuristi riguardo alla legittimità di un’eventuale operazione in Siria. Il precedente più citato rimanda alla “guerra umanitaria” condotta in Kosovo dalla Nato alla fine degli Anni Novanta. Enzo Cannizzaro, docente di Diritto internazionale alla Sapienza, autore di libri e trattati sull’uso della forza e le convenzioni internazionali, è nettissimo: «Nel Kosovo, il Consiglio di sicurezza aveva adottato due risoluzioni, dirette però ad ambedue le parti in conflitto, la Serbia e il movimento di liberazione del Kosovo. Invitavano le parti a cessare l’uso della forza e le violazioni del diritto umanitario. Ma non hanno autorizzato l’uso della forza. Nel caso siriano, non vi sono state nemmeno risoluzioni di condanna: una proposta è stata bloccata dal veto russo e cinese».
Professore Cannizzaro, si possono tracciare paralleli fra il Kosovo e la Siria?
«Si può farlo nel senso che in entrambi i casi l’intervento armato è privo del consenso del Consiglio di sicurezza. Per il Kosovo l’autorizzazione non venne nemmeno richiesta, infatti si sapeva che la Russia l’avrebbe bloccata. Ma ci sono anche differenze».
Quali?
«In Kosovo la forza venne utilizzata in maniera massiccia. In Siria, invece, sarebbe impiegata in maniera limitata per dissuadere il governo dal violare i diritti fondamentali».
La campagna Nato invocò la dottrina dell’intervento umanitario. Può valere lo stesso per la Siria?
«L’intervento in Kosovo era illegittimo: l’Occidente agì unilateralmente attraverso la Nato, che è un’organizzazione regionale. La Carta dell’Onu esclude che organizzazioni regionali possano agire senza l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza».
Anche l’operazione in Libia non ha avuto il sigillo Onu. È stato applicato il principio della “responsabilità di proteggere”. Questo non impone forse alla comunità internazionale di intervenire?
«Sì, per difendere i diritti dell’uomo. Ma ancora una volta serve l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza. Attenzione: il motivo non è soltanto formale, è sostanziale. Impedisce che gli Stati possano prendere a pretesto finalità umanitarie per altri tipi di interventi; che accertino la necessità di un intervento in modo unilaterale – com’è il rischio ora in Siria – e possano agire anche per fini diversi, come in parte è accaduto in Libia».
Quanto pesa, secondo lei, l’esperienza della Libia?
«Pesa, eccome. In Siria gli Stati occidentali stanno pagando il prezzo per il comportamento in Libia. Russia, Cina e Onu avevano autorizzato un intervento per fini umanitari. Invece l’autorizzazione è stata usata per provocare un mutamento di regime e l’instaurazione di un regime filooccidentale. Per questo oggi vediamo tanta cautela da parte dei membri del Consiglio di sicurezza».


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