Italia-Spagna, la partita dello spread Adesso Madrid «sorpassa» i Btp
ROMA — Il sorpasso c’è stato. No ancora no. La discussione è aperta fra chi considera decisivo il rialzo dei rendimenti dei titoli biennali italiani rispetto agli spagnoli di uguale durata e chi invece si aggrappa al soffio di distacco che ancora resta tra gli spread dei Btp e dei Bonos decennali, i titoli protagonisti della lunga stagione di tensioni del mercato.
E dire che prima della crisi, prima del 2008 per intenderci, i tassi dei titoli pubblici dei due Paesi viaggiavano più o meno in parità (con un vantaggio minimo a favore della Spagna) e solo gli addetti ai lavori guardavano al differenziale dei rendimenti con i Bund tedeschi, i titoli più sicuri sul mercato. La sfida tra Italia e Spagna, quella però era già in corso. E non solo, vivacemente, nel calcio. Roma e Madrid si combattevano anche su chi potesse vantare il Pil, prodotto interno lordo, più alto. Così Josè Zapatero e Romano Prodi, i leader dell’epoca, si disputarono il primato citando i dati Eurostat del 2006, l’uno, Zapatero annunciando che la Spagna era al 105% del Pil medio della Ue contro il 103% dell’Italia, l’altro, Prodi, ribattendo che il nostro Paese aveva un Pil pro capite superiore del 13 per cento. La polemica si esaurì di fronte all’incalzare della crisi che portò altri governi e altri temi, nessuno positivo, di confronto tra i due Paesi, dalla crescita alla disoccupazione, alle riforme, alle banche. A quel punto con l’arrivo del terremoto sui mercati e della battaglia sull’euro, la disfida si è trasferita sullo spread. Con l’eccezione, ricorrente, delle discussioni sullo stato di salute delle banche.
Quello dello spread dunque è stato un terreno di confronto che negli ultimi due anni ha visto bruschi rovesciamenti di fronte. Nel dicembre 2011, quando l’Italia era al centro degli attacchi della speculazione, la Spagna con i suoi Bonos decennali vantava uno spread inferiore di ben 200 punti a quello dell’Italia: il differenziale tra Btp e Bund era arrivato a toccare i 455 punti mentre i Bonos erano a quota 352 punti. Da lì in poi per i titoli italiani è iniziata la risalita, con i nuovi obiettivi del governo Monti e soprattutto con i prestiti illimitati della Bce. L’aggancio dei Btp ai Bonos è arrivato nel marzo del 2012. Dopo di che, tra alti e bassi, in un percorso da montagne russe, è iniziato il cammino inverso di distanziamento — che ha toccato anche i 100 punti a febbraio scorso — dei Buoni del Tesoro usciti dai riflettori della speculazione. Toccava alla Spagna, sotto attacco per i timori sulla tenuta di alcune sue banche, lo scomodo ruolo di anello debole dell’Europa, già colpita dalle crisi di Grecia, Irlanda e Portogallo.
Oggi i titoli sono di nuovo in parità, i rendimenti si muovono appaiati come pure gli spread. Ieri anzi sul biennale i tassi dei buoni italiani sono saliti più degli spagnoli mentre sui decennali il differenziale con i Bund è quasi azzerato, con soli quattro punti base di differenza.
Cosa è cambiato nelle ultime settimane, da provocare il riavvicinamento dei tassi? Se per quel che riguarda la situazione dell’euro intervengono fattori internazionali, da un ritorno di timori sulla Grecia, all’interrogativo sulle imminenti elezioni tedesche e ovviamente più ancora ai venti di guerra sulla Siria, a fare la differenza tra Italia e Spagna, secondo gli esperti, è la situazione politica e gli elementi di maggiori instabilità che pesano sul nostro Paese scosso dalla vicenda della decadenza di Silvio Berlusconi. È una differenza non da poco perché è quella che può condizionare le preferenze degli investitori nel momento in cui i due Paesi si presentano sul mercato per finanziarsi collocando titoli pubblici. La sfida si gioca lì: ieri la Spagna ha collocato oltre 7 miliardi di titoli a breve a tassi in calo mentre il Tesoro italiano, che ieri ha comunque ottenuto un buon esito, si presenta oggi con oltre 8 miliardi di Bot semestrali mentre domani offrirà i Btp a medio e lungo termine. In tutto le emissioni di fine agosto sfiorano al massimo nell’offerta i 20 miliardi. Ma c’è da dire, in positivo, che l’impegno del 2013 , aumentato rispetto alle previsioni per consentire i rimborsi della P.a., è già in dirittura d’arrivo visto che il Tesoro, senza contare le aste in corso, ha già collocato il 71% dei titoli previsti per l’anno.
Stefania Tamburello
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