Il Cavaliere è entrato in campagna elettorale

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Mirano, cioè, a creare un clima d’opinione favorevole: a Berlusconi e al centrodestra. In vista di una competizione elettorale che, se non imminente, appare, tuttavia, non lontana. Ed è, comunque, un’eventualità non prevedibile.

Perché nessuno, ormai, è in grado di controllare il corso della politica in Italia. Per questo a Berlusconi interessa imporre al centro dell’attenzione dei cittadini alcuni aspetti, alcune questioni che lo riguardano direttamente.
a. Anzitutto, il tema della giustizia. O meglio, dell’in-giustizia nei suoi riguardi. È il suo chiodo fisso. Da quando è sceso in campo e ha iniziato la sua contesa contro i magistrati. Anche se Berlusconi non è mai riuscito, fino ad oggi, a farne una priorità, intorno a cui aggregare una maggioranza ampia e solida. In Parlamento. Ma, soprattutto, nell’opinione pubblica. Un problema, per il Cavaliere, tanto più in questa fase. Perché oggi, per larghi settori sociali, le priorità sono, invece, legate alla recessione economica, alla disoccupazione, al reddito, al costo della vita.
Una crisi di governo aperta per i problemi giudiziari “personali” di Berlusconi, in questa situazione, rischierebbe di apparire inaccettabile, oltre che incomprensibile, per i cittadini. Per questo il Pdl ha trasformato l’agenda di governo in una corsa ad ostacoli. Disseminata di trappole. L’Imu, per prima. Poi il decreto sui precari della Pubblica amministrazione. Ma i motivi di tensione, nella maggioranza, sembrano destinati ad aumentare. Di numero e di intensità. E rischiano di rendere inevitabile la crisi di governo. Per auto-dissoluzione. Evitando responsabilità specifiche e dirette di un partito. In particolare, del Pdl.
b. Berlusconi, inoltre, cerca di imporre il proprio caso personale come caso esemplare – e se stesso come testimone – di un’emergenza democratica. Il leader del secondo schieramento politico costretto all’esilio – a casa propria. Non è un’impresa facile, considerato il grado di “agibilità” politica reale di cui dispone l’imprenditore mediatico più importante d’Europa. Tuttavia, le polemiche di questi giorni appaiono, comunque, coerenti con un obiettivo fondamentale della campagna elettorale di Berlusconi. Sollevarsi dalla posizione periferica in cui, a dispetto di molte letture del risultato, era stato spinto alle elezioni di febbraio. Certo, anche allora è riuscito quasi a raggiungere il centrosinistra. Contrariamente alle previsioni. Ma a causa della “rismonta” del Pd più che della “rimonta” del Pdl. Il quale ha perduto 6 milioni e 300 mila voti e 16 punti, rispetto a 5 anni prima. Lo stesso Berlusconi, nei mesi scorsi, non è riuscito a migliorare gli indici di fiducia nei propri confronti. Troppo bassi, per restituirgli il ruolo di un tempo. Una crisi di governo prodotta, in modo implicito o esplicito, dalle attuali vicende giudiziarie rilancerebbe di nuovo Berlusconi come protagonista della vita politica e sociale. Nonostante tutto. Nel bene e nel male. (Come già sta avvenendo).
c. Cedere sulla questione dell’ineleggibilità, accettare la decadenza di Berlusconi da parlamentare, inoltre, significherebbe riconoscere e accelerare il declino di Berlusconi. Non solo sulla scena politica nazionale, ma anche nel centrodestra e nel Pdl. Aprirebbe, dunque, ufficialmente la “guerra di successione”, accentuando le divisioni fra i cosiddetti “falchi” e le sedicenti “colombe”. In realtà, correnti e leader del Pdl, che ambiscono ad assumere la guida e il controllo del partito. Anche se, oggi, nessuno è in grado di governare e unire il centrodestra al di fuori di Berlusconi. La determinazione del Cavaliere nel denunciare la propria indisponibilità a farsi da parte serve, dunque, a rendere la questione del tutto inattuale. Comunica – all’esterno e all’interno del Pdl – che Berlusconi non ha alcuna intenzione di farsi da parte. E se il suo declino dovesse avvenire, coinvolgerebbe tutto il centrodestra.
Dopo di lui, dunque, il diluvio. Per il centrodestra e per il Pdl, almeno.
d. Attraverso le polemiche e le minacce di questa fase, Berlusconi ha sottolineato, anzi, gridato che la propria esclusione dal Parlamento e dalla competizione elettorale potrebbe diventare politicamente rischiosa e costosa. Non solo per il centrodestra e per Berlusconi, ma anche per il Pd e per il centrosinistra. Perché proprio la sua “esclusione” potrebbe diventare un fattore di “inclusione”. Invece di spingerlo nella penombra, gli offrirebbe ulteriore visibilità. Di certo, diverrebbe un argomento importante, in campagna elettorale.
Fino a trasformarla in uno scontro istituzionale decisivo.
e. Infatti, se, dopo Enrico Letta, Giorgio Napolitano incaricasse ancora Enrico Letta. Se, in caso di impossibilità di trovare nuove maggioranze in Parlamento, Napolitano decidesse di dimettersi, affidando ad altri, dopo di lui, il compito di sciogliere le Camere. Per Berlusconi, in fondo, non cambierebbe molto. Anzi, potrebbe perfino rafforzare la propria centralità politica e sociale. Diverrebbe, infatti, il protagonista assoluto di uno scontro politico e – appunto – istituzionale irrimediabile e irresolubile. Lui, Berlusconi, da solo. Contro tutti. La Sinistra, Letta. Ma, soprattutto, Napolitano. Il Presidente. Garante della Repubblica. E di questo governo.
Così, Silvio Berlusconi conduce la consueta guerra contro i magistrati e i giudici – che pretendono di applicare le leggi anche nei suoi confronti. Per questo si serve, come sempre, di tutti i mezzi e gli strumenti – politici, economici e mediatici – a sua disposizione. Tuttavia, allo stesso tempo e nello stesso modo, fa campagna elettorale. In vista del voto che verrà. Quando verrà.
La posta in palio è alta. Non solo per Berlusconi. Perché la sua parabola è alla fine. Ma quel che sarà dopo è ancora da scrivere. E, dopo avere scritto la biografia della Seconda Repubblica, Berlusconi vorrebbe lasciare il segno anche sulla Terza.


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