«Questo non è il Kosovo Servono le Nazioni Unite»
In queste ore, di fronte all’uso quasi certo di armi chimiche da parte di Bashar Assad, il premier britannico David Cameron e il presidente degli Stati Uniti Barack Obama stanno esaminando anche questa opzione.
Professor Scognamiglio quali sono le analogie con l’intervento Nato in Kosovo?
«In entrambi i Paesi un leader, nel caso del Kosovo Milosevic, nel caso della Siria Assad, usa violenza contro i suoi stessi cittadini. E la comunità internazionale si pone il problema di fermarlo. C’è però una grossa diversità».
Quale ?
«Quella geografica, il Kosovo era un nostro vicino di casa e quindi rientrava certamente nel concetto all’interno e nei dintorni dell’Europa che permise alla Nato di agire senza una legittimazione dell’Onu. Questo fatto fu riconosciuto dagli altri Paesi, né i cinesi né i russi contestarono il ragionamento. Qui, invece, siamo un po’ distanti dai confini dell’Europa, dire che il Medio Oriente è un territorio di competenza della Nato mi sembra un po’ difficile».
Quindi, secondo lei, un intervento del genere è sconsigliabile?
«Una decisione unilaterale della Nato, anche se giustificata da motivi umanitari, senza l’accordo di altri Paesi presenti nella regione potrebbe avere delle conseguenze drammatiche in presenza di altre tensioni nella zona come quelle tra l’Iran e Israele».
Cosa dovrebbero fare i Paesi occidentali?
«Cercare l’alleanza di altri Paesi non facenti parte della Nato. Se ci fosse l’accordo della Russia questo potrebbe cambiare le cose. La Nato ha le forze e le competenze per portare avanti una missione del genere. La mia perplessità nasce da un’azione unilaterale in un territorio non di nostra pertinenza».
Ma non è disumano che la comunità internazionale resti a guardare come ha fatto finora?
«Non sempre le ragioni morali possono tradursi in un’azione di polizia internazionale. In questo caso la strada maestra rimane quella dell’Onu. Anche se le posizioni sono distanti il negoziato serve a convincere delle proprie ragioni anche gli altri. Non vedo scorciatoie all’orizzonte, si rischiano situazioni ancora più pericolose».
Monica Ricci Sargentini
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