L’attesa del Cavaliere: senza un segnale sarà crisi

by Sergio Segio | 26 Agosto 2013 6:35

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ROMA — Dopo il giorno dell’ira, quello dell’attesa. Silvio Berlusconi, ancora chiuso ad Arcore dove ha ricevuto la visita dei figli, assiste preoccupato — raccontano — allo scontro intestino esploso nel suo partito tra falchi e colombe. La linea che vuole far passare all’esterno è quella che riassume Sandro Bondi: «La posizione uscita dal vertice di Arcore è quella di tutto il partito», ma è chiaro che il tirare la corda degli uni da una parte e degli altri da quella opposta condiziona anche l’umore e lo stato d’animo del Cavaliere.
Più possibilista venerdì sera, dopo l’incontro con Alfano, Letta, gli avvocati e i figli. Super falco sabato, nel vertice con lo stato maggiore del partito, dove è stato trascinato dalla accorata verve di Verdini e ha ribattuto a chi, come Quagliariello, tesseva una sorta di elogio di Napolitano che, egli stesso, aveva dovuto subire attacchi dalla magistratura e la perdita di un suo stretto collaboratore: «Sì però — ha ribattuto il Cavaliere — l’ha sostituito con un ex presidente di Cassazione di Magistratura Democratica…».
Ieri, invece, Berlusconi è parso un po’ meno furioso, un po’ meno deciso rispetto all’ipotesi di imboccare con decisione la strada delle elezioni anticipate. Un po’ la consapevolezza che il suo elettorato non chiede con nettezza il voto subito, un po’ la convinzione che in fondo il governo Letta, nel concreto, sta facendo benino, un po’ la speranza che comunque, all’ultimo momento, qualcosa cambi, lo hanno indotto a non accelerare violentemente i tempi.
Poi certo, i segnali sono contrastanti anche nella stessa giornata. Ieri il Cavaliere pareva deciso a dare il via alla più volte promessa campagna televisiva per spiegare le «ragioni di una malagiustizia che ha condannato un innocente, e gli italiani dovranno saperlo, voglio spiegarlo in tivù presto», magari già alla ripresa di settembre, il tutto sulla scia dell’entusiasmo che continua a suscitargli il libro di Cicchitto L’uso politico della giustizia di cui al vertice ha annunciato una imminente ristamp a.
Ma nello stesso tempo, sempre ieri, continuava a dire ai suoi che, se solo Napolitano lo volesse, potrebbe benissimo dargli un segnale, riabilitarlo, farlo uscire con dignità e «riparare a una terribile ingiustizia». Sempre che, è la premessa, il Pd non si azzardi a votargli le dimissioni in giunta per le elezioni, che sarebbe l’atto di apertura ufficiale della crisi.
Insomma, le richieste restano le stesse, modulate con toni diversi a seconda della giornata, ma la verità è che la situazione non sembra sbloccarsi né in un senso né nell’altro. Nell’area governativa, resta la convinzione che il filo non si sia ancora spezzato. Nonostante Alfano non abbia ancora incontrato il capo dello Stato, né abbia ricevuto chiare assicurazione da Enrico Letta, il fatto che dal Pd non siano arrivate brusche accelerazioni viene considerato il segnale che il dialogo può ancora prendere quota.
Una convinzione che Berlusconi ha molto meno. Per lui, il silenzio o comunque l’ostilità di parte del Pd, nonché le parole che arrivano — sempre dure — dai componenti della giunta non fanno presagire nulla di positivo. «Io non voglio la crisi — ripete il Cavaliere — il governo l’ho fatto nascere io. Ma se nei miei confronti non si ferma l’aggressione, è inevitabile arrivarci, devo difendermi e difendere la democrazia. Non c’è altra via».
E però, le previsioni dei falchi di una rottura ad horas , in mancanza di fatti nuovi, sembrerebbero scongiurate. Le parole di Enrico Letta di ieri, su Imu e necessità che il governo vada avanti, non sono piaciute a tutti (Capezzone le trova da «Ponzio Pilato»), ma hanno permesso alle colombe di leggervi una certa apertura almeno per disinnescare la mina Imu. L’attesa è infatti che su questo terreno il premier conceda molto («E ci mancherebbe, lo abbiamo promesso agli italiani, non è una concessione», già dice la Santanchè), perché in caso contrario il baratro sarebbe a un passo.
Il Consiglio dei ministri di mercoledì resta dunque un appuntamento cruciale, ma se i toni nel Pd non saranno ostili e la montagna Imu sarà scavalcata, l’appuntamento per capire se il governo sopravviverà allo tsunami si sposterà necessariamente all’apertura dei lavori della giunta per le elezioni, a settembre. E nel frattempo il Cavaliere avrà a disposizione quei sondaggi che ha commissionato per capire quale sarebbe l’impatto di una crisi sui suoi elettori, se si perderebbero voti in caso di trascinamento del Paese al voto anticipato.
Su questi tempi dilatati per far scendere la tensione e ottenere il massimo da Pd e Quirinale contano le colombe, ma il dubbio è sempre lo stesso: quanto resisterà Berlusconi? Il rallentamento di ieri è sicuramente dovuto anche alla necessità di tenere tranquillo un partito in subbuglio, dove la paura che il governo della situazione venga preso dai falchi potrebbe avere l’effetto, paventa qualcuno nello stesso Pdl, di spaccare il partito dopo un’eventuale crisi, con esiti niente affatto scontati per il prosieguo della legislatura. Dunque, ancora qualche giorno di attesa, in un clima che resta pesantissimo e di grande pessimismo. Ma fino all’ultimo secondo, per un uomo abituato ai colpi di scena, è bene tenere aperte tutte le strade .
Paola Di Caro

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