“Tutele e nuove leggi così vogliamo difendere i cittadini della Rete”

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Pickles non è uno qualunque, almeno stando al curriculum vitae. Direttore del think tank inglese Big Brother Watch, uno dei più noti e attivi in fatto di difesa della privacy, è stato candidato alle elezioni del 2010 per il Partito Conservatore britannico. Ma ha un passato da imprenditore e un presente da fotografo di band di successo come i Kaiser Chiefs, Coldplay e musicisti del livello di Fatboy Slim, Ed è uno quattro firmatari della lettera aperta che chiede maggiore sicurezza per gli utenti sul Web, assieme ai rappresentati della World Wide Web Foundation di Sir Tim Berners-Lee, Article 19 e Privacy International.
«La questione è semplice — spiega da Londra Pickles — La legge, anzi le leggi, sono troppo vecchie. Ovunque. Nella maggior parte dei Paesi la privacy è gestita con norme scritte prima della nascita di Internet e comunque prima che questa quantità di informazioni su di noi divenisse
disponibile. Una quantità tale che qualsiasi agenzia governativa può sapere tutto senza chiedere il permesso a nessuno».
Quindi proponete di proteggere le comunicazioni con sistemi criptati?
«Criptare le comunicazioni e in generale il navigare sul web è solo un aspetto. L’altro è stabilire e uniformare le regole».
Cosa intende?
«Se io parlo con un mio concittadino che vive anche lui a Londra, via Skype ad esempio, magari la comunicazione passa per l’Irlanda dove sono in vigore leggi diverse. E questo vale per le mail o il vistare un sito. Assicurare la privacy significa necessariamente uniformare le leggi a livello
internazionale».
Operazione difficile, per usare un eufemismo.
«Per il libero commercio le regole esistono. Perché non dovrebbero esistere per le comunicazioni?».
Per i costi da un lato e la possibile scarsa volontà di alcuni governi dall’altro.
«I costi non credo siano un problema. Compagnie come Google, Microsoft e Facebook traggono profitti dalla loro base di utenti ed è un loro interesse primario garantirli. Trattano enormi quantità di dati personali, sanno di avere una responsabilità e di dover fare qualcosa. È a
rischio il loro stesso business. E poi tecnologie come l’https (protocollo crittografico nato nel ’94 e oggi usato per la navigazione sicura, ndr) sono già disponibili e in parte usate. Vanno rese semplicemente più accessibili».
Poi però c’è la probabile scarsa volontà dei governi.
«Il caso Snowden è solo la punta dell’iceberg. Oggi tutto quel che ci riguarda è alla mercé di agenzie governative di ogni tipo. Eppure la nostra cultura, quella che abbiamo promosso negli ultimi due secoli in tutto il mondo, si basa su valori come la libertà del cittadino, i diritti, la sicurezza e anche la privacy. Valori che, una volta sul web, non vengono più rispettati. E’ una situazione che ovviamente non può durare. La nostra lettera aperta è un messaggio chiaro e un primo passo. Ci saranno delle resistenze e la strada per garantire la sicurezza nel modo dei dati forse non sarà breve, ma di fatto questi sono temi che ormai nessun governo si può permettere di ignorare».


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