Letta tira dritto: «Nessun piano B Ma le minacce sono inaccettabili»

by Sergio Segio | 25 Agosto 2013 15:53

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ROMA — I preparativi per il decollo sono quasi terminati. Enrico Letta sta per partire per un viaggio lampo che oggi lo vedrà per poche ore in Afghanistan, a Kabul ed Herat. Sulla pista dell’aeroporto di Ciampino si scambiano le ultime impressioni sulle notizie che arrivano da Arcore: un comunicato molto duro, quello letto dal segretario Angelino Alfano, ma non ancora quella rottura che il capo del governo spera di non dover ascoltare mai.
Oggi Enrico Letta sarà a colloquio con il presidente Karzai e poi insieme ai soldati del contingente italiano. Dietro di sé, in Italia, lascia una situazione delicatissima, con spiragli di speranza, per il suo governo, che appaiono farsi sempre più stretti. Il partito del Cavaliere ha rivolto un appello diretto anche a lui, perché anche il capo del governo si prodighi per una soluzione del caso Berlusconi, ma la posizione del presidente del Consiglio non cambia.
Lo ha già detto alcuni giorni fa, lo ripete prima di decollare, insieme ai suoi collaboratori: «Gli ultimatum, o le minacce, sono inaccettabili». Resta ferma la linea di sempre: il procedimento sulla decadenza da senatore dell’ex premier è un dossier esclusivamente parlamentare, in cui il governo non ha voce in capitolo né potrebbe averla; per il resto, nelle questioni del suo partito, Letta non vuole entrare, anche se ha già dichiarato che qualsiasi sarà la decisione del Pd per lui sarà quella giusta.
In apparenza dunque l’appello che il Pdl gli rivolgerà è destinato, a meno di sorprese, a non ricevere accoglienza positiva. Letta considera irricevibile la richiesta di sovrapporre il piano giudiziario, con le sue conseguenze («le leggi vanno accettate da tutti»), al piano politico della stabilità dell’esecutivo. E imperdonabile un’eventuale crisi di governo, visto che il Paese vede finalmente l’inizio di una possibile ripresa economica.
In un’intervista al giornale austriaco Kurier, di cui ieri è uscita la versione definitiva, il premier dice che «oggi la terra promessa dell’uscita dalla crisi è finalmente a portata di mano. Giungervi, non fermarci sulla soglia — continua — dipende da noi. Dipende da una volontà di mobilitarci che sia all’altezza delle nostre potenzialità, che sia capace di ridarci ossigeno e farci percorrere con fiducia e forza di volontà l’ultimo miglio che ci separa dalla fine della crisi».
Insomma, nervi saldi e tutta la concentrazione possibile sugli affari di governo, internazionale e interni. Oggi Letta sarà in Afghanistan, i primi di settembre in Slovenia e poi al G20 di San Pietroburgo, in Russia. La settimana prossima dovrebbe arrivare la parola fine sull’Imu, con la probabile abolizione della tassa così come la conosciamo e già domani il decreto sulla razionalizzazione della pubblica amministrazione.
«Non ragiono su piani B — è la sintesi della posizione di Letta secondo Palazzo Chigi — sono concentrato sul programma che mi sono dato: Europa sociale e della crescita, non solo del rigore, rilancio economico del nostro Paese e riforme, legge elettorale in primis. E naturalmente nessun baratto tra vicende giudiziarie del leader del Pdl e Governo».
Il quotidiano austriaco chiede conto al nostro premier anche della responsabilità della crisi europea. «C’è bisogno di un capro espiatorio per i propri errori?», è la domanda. «No, naturalmente la colpa non è della Merkel», ha risposto. «Per spiegare come mai i tedeschi vengano visti come un nemico, bisognerebbe fare — aggiunge Letta — una discussione sulla cultura politica e il giornalismo».
Marco Galluzzo

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