I fondi dell’Europa? Per 75 mila Progetti Ecco perché lo Stato spende poco e male

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Mancanza di visione strategica, incapacità progettuale, sciatteria burocratica. Oppure, più semplicemente, menefreghismo. Per spiegare la lentezza, che talvolta sconfina nell’indifferenza, con cui l’Italia spende i fondi europei, c’è solo l’imbarazzo della scelta. Ma sui numeri c’è ben poco da questionare. Al 31 maggio scorso, a sette mesi esatti dalla scadenza del programma comunitario 2007-2013 ci rimanevano ancora da spendere 29 miliardi e 719 milioni: il 60% dei 49 miliardi 498 milioni che ci erano toccati in dote dall’Europa sei anni fa.
La malattia è nota da tempo, ed è da tempo che si va inutilmente cercando la cura. «Ma adesso – dice il deputato del Pd Angelo Rughetti – è evidente che il problema non è più la cura ma il malato stesso. E il malato è un’amministrazione pubblica in cui ciascun ente ha un pezzetto di processo da governare. La frammentazione dei processi decisionali paralizza completamente la politica di coesione così com’è stata strutturata negli ultimi vent’anni e come, purtroppo, si sta attuando anche nel prossimo ciclo di programmazione». Il fatto è che non soltanto i fondi europei si spendono con il contagocce, ma si spendono male. Così male da giustificare l’allarme lanciato in Parlamento, durante un question time con il ministro della Coesione Carlo Trigilia, dallo stesso Rughetti: secondo il quale siamo arrivati al punto che questa si sta trasformando in una nuova emergenza nazionale. La tesi è che il “come” si spendono quei soldi è forse altrettanto grave del non spenderli. Un’esagerazione?
I regolamenti europei stabiliscono che i fondi strutturali debbano essere utilizzati per ridurre il divario fra le varie regioni europee, creando condizioni di sviluppo, appunto, «strutturale». Va da sé che la frammentazione eccessiva dei programmi riduce in modo significativo questa componente. Determinando in alcune particolari situazioni ambientali il rischio di alimentare il clientelismo locale.
Dice una elaborazione sui dati Opencoesione al 30 aprile scorso realizzata dall’Ifel (l’ufficio studi dell’Associazione dei comuni della quale Rughetti è stato segretario generale fino alle elezioni) che i fondi europei destinati all’Italia sono polverizzati in oltre 75 mila progetti. La maggior parte dei quali piccoli o piccolissimi. Basta dire che il 77,4% del totale riguarda iniziative al di sotto dei 150 mila euro. Ma scavando negli elenchi si resta allibiti di fronte a contributi per singoli progetti di poche centinaia di euro. Com’è possibile, è presto detto. Con il Fondo europeo di sviluppo Regionale, per esempio, si possono anche erogare contributi alle piccole e medie imprese, e questo ha fatto sì che in alcune circostanze il rubinetto di Bruxelles innaffiasse con una pioggerella fittissima migliaia di iniziative. Su circa 4.100 progetti certificati del Fesr in Sicilia, tanto per dirne una, i contributi alle imprese sono oltre 2.300: ben più della metà. Soldi alle farmacie, ai ristoranti, alle pensioncine, alle salumerie, ai carrozzieri. Assegni da 1.500, 3.000, al massimo 12 mila euro. «Quale soggetto programmatore di politiche di sviluppo e industriali – si chiede Rughetti – potrebbe mai immaginare che una tale polverizzazione degli interventi possa dare dei risultati strutturali?».
Questi soldi, poi, sono quelli che si riescono a spendere anche più rapidamente dei finanziamenti per i grandi progetti. Mentre lo stato di avanzamento dei 58 mila progetti di importo inferiore a 150 mila euro è al 56,5%, quello delle meno di ottanta opere oltre i 50 milioni è invece al 34,5%. La casistica è semplicemente micidiale, dal Sud al Nord. Il sistema integrato del Porto di Napoli, un progetto da 240 milioni che dovrebbe essere finanziato con i soldi del Fondo sociale europeo 2007-2013 è a zero. Zero, esattamente come il Pia Navigli Lombardi, 19,4 milioni sul Fesr Lombardia. Zero, come il quarto megalotto della statale 106 Jonica. Zero, come un nuovo impianto a Marina di Stabia, finanziato (quando sarà) con i fondi previsti per il turismo. Zero, come il progetto di recupero del Parco della Fortezza di Poggio Imperiale a Poggibonsi, 10,4 milioni del Fesr Toscana. Zero, come la convenzione con il ministero del Lavoro per un grande piano di formazione professionale: zero su 60 milioni. Ma è umiliante anche lo stato di avanzamento dei lavori di adeguamento della rete ferroviaria di Bari (un per cento di 180 milioni), della metropolitana leggera di Sassari (3,7 per cento di 49 milioni), degli interventi per sistemazione di un torrente a Vicenza (2,7 per cento di 10,3 milioni) e del centro elettronico di Napoli per il monitoraggio del territorio (7,7 per cento di 28,4 milioni).
Sergio Rizzo


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