Il Pd scatena la controffensiva «Nessun baratto, il Cavaliere si fermi»

by Sergio Segio | 23 Agosto 2013 6:32

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ROMA — «Adesso è l’ora di contrattaccare. Non possiamo stare fermi mentre Berlusconi ricatta le istituzioni, mentre tira per la giacchetta Palazzo Chigi e magari comincia a minacciare il Colle. O si ferma in tempo o l’ultimatum lo diamo noi». La «svolta» del Pd matura nelle ultime quarantott’ore. Quando Guglielmo Epifani riesce a rintracciare Enrico Letta in una pausa del vertice di ieri l’altro tra il premier e Angelino Alfano. Ha bisogno di sapere «com’è andata», il segretario del Pd. Perché, di lì a poco, dovrà salire sul palco della Festa dell’Unità di Siena.
Le frasi che Epifani metterà in fila due sere fa — «La giustizia è uguale per tutti», «Sulla decadenza nessuno ci farà cambiare idea», «Sarebbe paradossale aprire una crisi di governo adesso» — sono state concordate col premier. E sono il primo tassello della contromossa del Pd. In tre parole, «ribaltare il gioco». E provare a mettere il Cavaliere in un angolo.
Al Nazareno, infatti, temono che l’offensiva di Berlusconi contro Palazzo Chigi finisca per colpire il Colle. E l’ala «governista» ha paura che, una volta tornato in Italia dalle vacanze negli Usa, Matteo Renzi scavalchi l’intero partito e chieda un’accelerazione verso le urne. Magari motivandola, senza troppi giri di parole, con «l’incompatibilità di governo» con un alleato che rifiuta una sentenza passata in giudicato.
Non è una paura campata in aria, probabilmente. Basta ascoltare Michele Anzaldi, che sta col sindaco di Firenze. «Io lo dico per il bene di tutti. Chiudiamoci dentro una stanza, giochiamo come una squadra affiatata, decidiamo chi fa il segretario pro tempore e facciamo le primarie direttamente per la premiership, in cui si sfiderebbero Letta, Renzi e qualche outsider», è il ragionamento del deputato pd. Perché, aggiunge, «così non è il caso di andare avanti. Meglio prepararsi al voto, visto che Berlusconi la fa già campagna elettorale…».
È esattamente lo schema che Letta ed Epifani provano a smontare. Il deputato del Pdl Ignazio Abrignani, uno degli uomini-macchina della nuova Forza Italia, aveva sollevato «il ragionamento» su quell’emendamento al decreto del Fare che congela «la retroattività» per i sindaci sotto i 15 mila abitanti che proprio la legge Severino ha reso incompatibili col ruolo di parlamentare. È legge dello Stato e tra l’altro è stato approvato anche coi voti del partito di Epifani. «Sarebbe uno spiraglio per discutere», sostengono alcune colombe tra i democrat. Magari per «approfondire» la discussione al Senato, secondo uno schema difeso anche dal senatore pd Giorgio Tonini.
E invece niente. Da ieri mattina lo «stop» di Epifani a qualsiasi trattativa o dialogo è un dogma. «Non possiamo farci rovesciare il tavolo da Berlusconi. O dà un segnale lui o, se continua così, capisca che gli ultimatum li diamo noi», sono i ragionamenti tra il leader e i dirigenti. Basta un giro di telefonate e il fuoco di fila parte. «Mai barattare la legalità con la durata del governo», scrive Dario Franceschini in una nota mandata alle agenzie di buon mattino. E, infatti, anticipa di qualche ora l’affondo del collega renziano Graziano Delrio («Il Pd non può che votare la decadenza»). Sono mobilitati tutti. Anche i deputati che stanno in vacanza. E tutti con toni duri. Da Davide Zoggia («Il Pdl la smetta con ricatti e furbizie») a Pina Picierno («Il Pdl scelga tra l’Italia e Berlusconi»).
Sono tutti messaggi a Berlusconi. Tutti tasselli di una controffensiva con cui il Pd può «proteggere» l’unica operazione che allontanerebbe con certezza il voto anticipato. E cioè la ricerca di una maggioranza al Senato per il «Letta bis». Per preservare questa carta, i «governisti» del partito hanno bisogno di interrompere qualsiasi dialogo col Cavaliere. Anche perché, dall’interno del Pdl, qualcuno ha fatto sapere al Nazareno che «l’ex premier non scherza per niente». Non foss’altro perché, è la confidenza arrivata alle orecchie di Epifani, «ha già convocato tutti i direttori delle testate Mediaset in vista di una “grande campagna” che comincerà il primo settembre». E se il Pd si facesse trovare impreparato o troppo morbido, è il ragionamento messo a punto tra i governisti del partito, «basterebbe una mezza parola di Renzi sul ritorno al voto» per far avverare la profezia di Ugo Sposetti. Quella sul fatto che a «saltare come un birillo» dopo la sentenza su Berlusconi sarebbe stato proprio il Pd.
Tommaso Labate

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