«Ma l’America di Obama ha un’influenza limitata»

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Obama aveva definito l’uso di armi chimiche in Siria la «linea rossa» che il regime non doveva oltrepassare. Le ultime immagini che vengono dalla Siria suggeriscono, secondo gli oppositori, un massacro con le armi chimiche. Cosa pensa di questa linea rossa di Obama che è stata oltrepassata e si è spostata?
«Non c’è dubbio che sia stato sbagliato in quello specifico caso stabilire dei limiti e delle linee senza poi far seguito alle promesse. Ma non è giusto denunciare l’amministrazione Obama. E le ragioni sono due. La prima è che la situazione è troppo complessa per essere sicuri su ciò che si debba fare. Non è chiaro quali conseguenze avrebbe una certa linea d’azione ed è facile in circostanze simili commettere degli errori tragici, come è accaduto nel caso dell’invasione dell’Iraq. Gli stessi che lo criticano per non aver agito più aggressivamente lo avrebbero criticato se avesse deciso di usare la forza. La seconda ragione è che molti sopravvalutano il potere degli Stati Uniti».
Lei cita l’invasione dell’Iraq. Le immagini della Siria di oggi sono state paragonate a quelle dei curdi eliminati nel 1988 da Saddam con le armi chimiche: il mondo non fece nulla.
«Chiaramente ci sono parallelismi, ci sono molte tragedie, a partire dal Ruanda in cui ci si è pentiti di non essere intervenuti. Ma c’è anche una lunga lista di casi in cui l’intervento ha portato a risultati tragici».
La politica estera di Obama in Egitto e in Siria è stata giudicata non tanto prudente, quanto piuttosto esitante.
«Non sono d’accordo. C’è una cosa su cui l’amministrazione è stata molto chiara: non avrebbe inviato truppe americane in Siria».
E cosa pensa dell’indecisione sull’invio delle armi ai ribelli?
«È facile dire che inviare armi sia la soluzione, ma si basa sul presupposto che si sappia chi e come userà quelle armi. Invece in Siria c’è un conflitto anche all’interno dell’opposizione».
Meglio lasciare che siano l’Arabia Saudita e il Qatar, alleati Usa con propri interessi, a finanziare e armare l’opposizione?
«Questi due Paesi sono in competizione tra loro ed entrambi tentano di contenere l’influenza dell’Iran. Ma come spiego nel mio libro «La fine del potere» uno degli errori più sistematici è sopravvalutare il potere degli attori in gioco e in particolare l’influenza degli Stati Uniti. Vale per l’Arabia Saudita e anche per l’esercito egiziano: Washington ha fatto tutto quel che ha potuto per evitare che i sit-in dei Fratelli Musulmani venissero violentemente smobilitati, ma le pressioni sono state ignorate. Chi critica Obama non solo lo fa da una posizione di arroganza intellettuale, ma tende anche a vedere i rapporti di potere in un modo anacronistico».
Obama ha meno potere di Bush?
«Sì assolutamente. Obama non potrebbe mai fare ciò che fece Bush, il quale non poteva fare ciò che fece Clinton, che a sua volta aveva meno potere di Reagan».
Significa che non c’è più spazio per idee come l’esportazione della democrazia?
«No al contrario. C’è spazio, più di prima, ma bisogna fare i conti con una proliferazione di attori che restringono l’operato degli Stati. La domanda non è più “cosa possiamo fare?”. Il “noi” si è frammentato».
Viviana Mazza


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