Ma spiaggia e mare sono puliti? Le coste e il rebus delle «pagelle»

by Sergio Segio | 19 Agosto 2013 6:51

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ROMA — A leggere le classifiche del mare si rischia di restare sotto l’ombrellone rinunciando al tuffo. I dati sfornati da aprile a settembre sulla qualità delle acque sono infatti raccolti secondo modalità diverse da più uffici. E finiscono per rivelarsi contraddittori. Risultato. Impossibile capire quale sia la spiaggia sicura, lambita da onde pulite.
L’ultima indagine è di Goletta Verde, la storica imbarcazione di Legambiente, che a Ferragosto ha bocciato le nostre coste. In due mesi di monitoraggio, sono stati individuati un punto inquinato ogni 57 chilometri, quasi il 50% del totale su 263 analisi, peggio dello scorso anno. Più colpite Campania, Lazio, Puglia e Calabria con valori di concentrazione di batteri tipici di impianti fognari superiori al dovuto, soprattutto in prossimità di foci e canali di piccole dimensioni. Parliamo di aree giudicate 4 volte su 10 balneabili dal ministero della Salute. Nel rapporto annuale diffuso a giugno il quadro complessivo era più che soddisfacente.
La confusione aumenta se confrontiamo la classifica delle Bandiere blu della Fee (Fondazione per l’educazione all’ambiente, di matrice europea) con quella della Guida Blu Touring Club con dati Legambiente. I voti alle località marine sono attribuiti con le vele che vanno da una a 5. Nella maggior parte dei casi non combaciano. Qualche esempio. La nota spiaggia di Chiarone a Capalbio si può fregiare di ben 5 vele ma non del drappo Fee. Lo stesso vale per Capri (3 vele e nessuna bandiera), Portofino (niente vessilli e tre vele). E ancora per Santa Marina Salina, San Vito Lo Capo, Capoliveri e Marciana Marina all’isola d’Elba.
Viceversa, il rettangolo blu sventola per Santa Teresa di Gallura (niente vele, ma vessillo Fee) e in diverse località abruzzesi come Francavilla e Silvi Marina eppure nella Guida Touring non c’è riscontro, zero vele. Insomma, troppe classifiche, poche certezze.
Il problema di fondo è che ogni graduatoria viene stilata secondo diversi parametri. Per candidarsi alla Bandiera blu i Comuni devono autocertificare spontaneamente una serie di notizie sulle proprie strutture senza che la scheda venga verificata. Le vele premiano invece le località che inviano informazioni documentate sul tratto di costa nel suo complesso, dunque non solo mare ma anche spiaggia, raccolta rifiuti, ordinanze, gestione dei depuratori.
Le analisi di Goletta Verde e ministero sono compiute in stagioni diverse. «Noi facciamo i prelievi tra luglio e agosto — spiega Umberto Mazzantini, portavoce di Legambiente Arcipelago toscano —. I controlli sulle acque di balneazione cadono nella stagione primaverile quando la situazione del mare non è compromessa dall’alto afflusso di villeggianti».
Morale: il cittadino non riceve le informazioni che dovrebbe, a cominciare dal cosiddetto «profilo» del tratto marino che lo interessa. Cioè se ci sono foci di fiumi o torrenti con scarichi fognari, se la spiaggia è già stata oggetto di divieti, se c’è proliferazione di alghe e altri elementi. La direttiva europea che anche l’Italia rispettava, rinunciando a norme più ferree cui si atteneva, non è abbastanza rigorosa. Non c’è obbligo di rendere noto il profilo. Infine il gioco dei divieti di balneazione. I sindaci «dimenticano» a volte di mettere i cartelli contando sull’assenza di multe.
Margherita De Bac

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