Nome in codice: Garofano Quando la Stasi tentò di arruolare il leader Spd
BERLINO — Erano anni difficili. Chi non li ha attraversati ne ha avuto un potente ritratto in un film come Le vite degli altri . Peer Steinbrück, oggi candidato cancelliere della Spd — il partito di Willy Brandt ed Helmut Schmidt che ha festeggiato nei giorni scorsi a Berlino il suo centocinquantesimo compleanno — lavorava nella missione permanente della Germania federale al di là del Muro, in un grigio edificio della Hannoversche Strasse, vicino all’ospedale della Charité. A pochi chilometri, ma lontano anni luce — si potrebbe dire — dalle vetrine scintillanti del grande magazzino occidentale KaDeWe.
In quel 1981, l’uomo che sarebbe diventato molto tempo dopo governatore della Nord Renania-Vestfalia e poi ministro delle Finanze nel primo governo Merkel, aveva un ufficio nella sezione economica della Ständige Vertretung , un nome che ai berlinesi di oggi fa pensare soprattutto a un ristorante frequentato da politici e turisti sulle rive della Sprea, sotto la stazione di Friedrichstrasse. Chi meglio di lui, quindi, per carpire i segreti del nemico capitalista? I servizi segreti della Ddr lo sapevano bene. Perciò avevano messo Steinbrück nel mirino. E lo inquadrarono nove anni. La Welt am Sonntag inseguiva da sette mesi questa pista ed è entrata in possesso di una scheda in cui al futuro capo dell’opposizione tedesca era stato assegnato anche un nome in codice, «Garofano». L’etichetta di un potenziale informatore nascosta negli sterminati archivi della Stasi.
Questa storia, almeno per il momento, finisce qui. Anche se non si concluderà presto il legittimo desiderio dei tedeschi di fare piena luce sui misteri di un passato che non è facile archiviare. Come sa Gregor Gysi, il leader della Linke che sembra abbia ricevuto perfino una medaglia commemorativa dagli amici della polizia segreta. Non esiste nessuna indicazione che Steinbrück abbia avuto contatti con i suoi aspiranti datori di lavoro. Lo stesso candidato cancelliere, in questi giorni già frenetici della campagna elettorale che si concluderà il 22 settembre, ha chiesto che vengano rese pubbliche tutte le informazioni disponibili. La Stasi gli si è avvicinata. Ma quanto? È questa la domanda con cui si apre l’edizione domenicale del quotidiano del gruppo Springer. Un colpo al cerchio e uno alla botte, dopo il libro — scritto da due suoi giornalisti — in cui si attribuisce ad Angela Merkel un passato giovanile meno indifferente di quanto si era sempre pensato nei confronti delle liturgie di partito della Germania comunista.
Quanto si è avvicinata la Stasi a Steinbrück? Per rispondere a questo interrogativo il personaggio-chiave è un attore abbastanza conosciuto, Lutz Riemann, commissario nella serie televisiva , Polizeiruf 110 , nata nel 1971 ad Est per contrastare il dominio dei gialli tedesco-occidentali intitolati Tatort . Un prodotto della Ddr che, dopo l’unificazione, ha continuato a riempire le serate di un popolo che ama assistere in tv alla lotta tra bene e male. Marito di una cugina dell’ex ministro nel governo di grande coalizione, Riemann è stato un informatore della Stasi. La Welt am Sonntag lo ha scoperto e lui ha dovuto ammetterlo. «Ho terminato qualsiasi collaborazione nel 1984 e mi sono sempre rifiutato di spiare Steinbrück», ha dichiarato. Un legame imbarazzante, certo. Ma di lì a credere che ci sia qualcosa di proibito nei viaggi che il futuro leader socialdemocratico faceva a Meiningen, in Turingia, per visitare i parenti, il passo è molto lungo.
Steinbrück intanto sembra tranquillo, se si può usare questa parola per un personaggio dal carattere così vulcanico e dall’humour così tagliente. I sondaggi non gli danno molte speranze, ma i socialdemocratici ripetono sempre che bisognerà guardare al risultato complessivo tanto della attuale maggioranza di governo quanto del blocco rosso-verde. Angela Merkel lo ignora, non lo nomina mai e si comporta come se non esistesse. Al contrario, purtroppo per lui, di quanto accadeva ad Est, in quegli anni difficili.
Paolo Lepri
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