È applicabile o no? Sulla decadenza i giuristi si dividono

by Sergio Segio | 19 Agosto 2013 6:29

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ROMA — Se può essere retroattiva è superata dall’indulto. La tesi espressa ieri sul Corriere dal pdl Francesco Paolo Sisto sulla norma dell’incandidabilità suscita pareri divergenti. A settembre il Senato dovrà decidere se applicarla alla condanna di Berlusconi e farlo decadere da parlamentare. Ma anche i giuristi si dividono. E si va dai presidenti emeriti della Consulta, il saggio Valerio Onida e Cesare Mirabelli che bocciano la tesi del presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera, al costituzionalista Paolo Armaroli che la sposa appieno e al collega Giovanni Guzzetta che la condivide e va oltre: la norma è incostituzionale, ci procurerà una condanna dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, ma non preclude a Berlusconi il rientro nella competizione elettorale. In caso di nuove elezioni, spiega, «potrà comunque mettere il suo nome sul simbolo elettorale».
Spiega Guzzetta: «Ci sono in circolazione tutte le tesi possibili sulla natura dell’incandidabilità, se è penale, quindi irretroattiva, o amministrativa. Ma la Corte Europea guarda alla sostanza. Quella di non accedere ai pubblici uffici è decisamente una sanzione afflittiva e la norma è certamente retroattiva perché riguarda fatti precedenti alla sua entrata in vigore. Quindi viola la Convenzione europea della quale lo Stato deve tenere conto. E, secondo me, ci potrà essere un ricorso alla Corte Costituzionale». E chi potrebbe sollevarlo se non c’è un giudizio in corso? «La Giunta per le elezioni che è un organo giurisdizionale. In caso Berlusconi decadesse, comunque — prosegue Guzzetta — potrà essere votato». Come? «Sul simbolo i partiti possono richiamarsi al nome che vogliono. E sulla scheda potrebbe comparire il nome Silvio Berlusconi. In più, se la legge elettorale resta quella in vigore, lui potrebbe restare il capo della coalizione».
Per Cesare Mirabelli invece non c’è un problema relativo al fatto che la frode fiscale di Berlusconi sia stata compiuta prima della cosiddetta legge Severino, norma attuativa della legge sulla corruzione Monti- Cancellieri-Patroni Griffi-Severino. «La Severino — spiega — non prevede una sanzione penale accessoria alla sentenza ma viaggia per conto suo, prevedendo alcuni requisiti per chi voglia candidarsi al Parlamento e che si applicano anche a chi già vi siede. Non l’applica un giudice in sede di condanna ma la legge disciplina autonomamente l’ineleggibilità a determinate cariche. In ogni caso, non si tratta di una sanzione penale retroattiva ma è una norma che determina l’incapacità momentanea a ricoprire determinate cariche e funzioni. Dunque, l’unico modo per non applicarla al caso Berlusconi è quello di modificarla».
Per Onida invece la tesi di Sisto non tiene: «Non stiamo parlando di una sanzione aggiuntiva — spiega il costituzionalista — ma dei criteri su cui si fonda l’eleggibilità di un cittadino».
Non è d’accordo Paolo Armaroli: «Si discute se la norma sia di carattere penale o amministrativo. Il fatto che sia una sorta di appendice alla legge sulla corruzione ci fa dire che va assimilata al campo penale. E qui è inammissibile la retroattività della legge, salvo fattispecie del passato come i passaggi dal fascismo e il nazismo alla democrazia».
Per il giurista Stefano Passigli «il punto che Sisto dribbla è che la legge Severino è stata approvata prima della condanna definitiva di Berlusconi. E quindi va applicata. Le esigenze politiche non possono prevalere su logica giuridica». Per Giuliano Cazzola, Scelta Civica, «Berlusconi ha solo un modo per uscire dal cul de sac: dimettersi».
Ma a decidere sarà la Giunta del Senato. Che farà il Pd? Felice Casson assicura: «Voteremo come è scritto nella legge, pacifica e lineare. Cioè a favore della decadenza di Silvio Berlusconi da senatore». «Sulla non applicabilità della retroattività quelle di Sisto sono parole definitive. Guai a barare», avverte il pdl Maurizio Gasparri. Ma la pd Alessandra Moretti replica: «Non accetteremo ricatti».

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