L’Élite che ha scelto i generali contro l’islamizzazione

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«L’esercito sta facendo il suo dovere per proteggere il Paese dalla barbarie: se non saranno fermati, i Fratelli musulmani cancelleranno l’intero Paese e la sua cultura millenaria», riflette Youssef Ziedan, 55 anni, autore del bestseller «Azazel» (edito in Italia da Neri Pozza), riconosciuto come miglior romanzo in lingua araba nel 2008 e paragonato a «Il nome della rosa» di Umberto Eco per la sua ambientazione storica e il tema del fanatismo religioso.
Stesso drammatico pronostico da parte del celebre romanziere Alaa Al-Aswany: «Se non fosse intervenuto l’esercito, gli islamisti avrebbero distrutto il Paese – dice –. Non capisco gli occidentali che vogliono darci delle lezioni. Siamo forse destinati a tornare all’età della pietra? Gli arabi hanno soltanto il diritto all’oscurantismo?». Secondo l’autore del besteller «Palazzo Yacoubian», «è il popolo che vuole la pelle della Fratellanza ».
Un esercito che sembra tornato ad essere l’incarnazione della volontà popolare, come nell’epoca migliore del nasserismo. «L’esercito non è solo: con soldati e poliziotti c’è la gente comune, lo si vede anche nei filmati della tv», dice Ziedan, che alterna l’attività di scrittore con quella accademica e di direttore del Centro dei manoscritti e del Museo della Biblioteca alessandrina.
I media stanno svolgendo un ruolo essenziale nell’onda di ostilità verso i Fratelli musulmani che scuote l’Egitto. Un fatto comprensibile dopo un anno di minacce e la lista nera dei giornalisti da eliminare stilata nell’era Morsi. «L’esercito ha ristabilito lo stato di diritto», ribadisce il giornalista Hicham Kassem, che dopo aver passato due decenni a combattere il regime di Mubarak a volte anche al fianco dei Fratelli, si è ricreduto: «Pensavo di conoscerli, avevamo stabilito un rapporto di fiducia, ma una volta al potere hanno rivelato il loro vero volto: hanno eliminato tutti i contro-poteri, anche quelli esistenti sotto Mubarak».
È quello che ha sempre sostenuto Ziedan: «I Fratelli musulmani non sanno nulla di Islam, sono persone che usano la religione per realizzare i propri scopi. Non sono islamici ma un gruppo assetato di potere». Lo studioso (insegna filosofia islamica e sufismo all’università del Cairo) lo ha potuto verificare anche personalmente perché processato con l’accusa di aver insultato la religione con un libro («La teologia araba e le origini della violenza religiosa»). «Quando mi hanno interrogato, mi hanno chiesto cose di cui non sapevano nulla. Il mio non è un caso isolato: la cultura li spaventa, vogliono metterci a tacere. Sono ignoranti, non scrivono né leggono nulla, ovvio che noi intellettuali lottiamo per cacciarli. Quattro mesi fa, scrittori, registi, attori e studiosi si sono piazzati per settimane davanti al ministero della Cultura quando l’allora presidente Morsi ha messo un’islamista ignorante a ricoprire la carica».
Ziedan sottolinea che la posta in gioco travalica i confini nazionali: «È una questione internazionale, non un puro evento egiziano», dice. «Tra gli arrestati della Fratellanza ci sono molti afghani, turchi, libici. Giorno dopo giorno arrivano conferme che le sue fila sono supportate dall’Iraq, dalla Siria, dall’Afghanistan. Abbiamo a che fare con terroristi. E anche l’Europa rischia di essere travolta dall’odio che soppianta la bellezza, la poesia e la cultura».
Alessandra Muglia


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