by Sergio Segio | 14 Agosto 2013 6:15
ROMA — Ha aspettato la dichiarazione di Giorgio Napolitano a Pisa, nella casa di famiglia. E quando dal Quirinale è arrivata la nota del presidente, Enrico Letta ha fatto trapelare la sua (grandissima) soddisfazione. «Cosa penso? Ovviamente sono in totale sintonia — è il commento a caldo dell’inquilino di Palazzo Chigi —. Ancora una volta è il perfetto custode e interprete della Costituzione».
Il governo va avanti, blindato, anzi può ripartire su nuove e più solide basi. L’asse tra il capo dello Stato e il premier è più forte che mai e Letta vede l’uscita dal tunnel, quello della crisi economica e quello di una crisi politica che gli sembra finalmente scongiurata. «Sono fiducioso», è lo spirito con cui ieri ha iniziato le sue vacanze di cinque giorni: lo spread ha toccato i livelli minimi degli ultimi due anni e il record, che il premier rivendica sommessamente, è la migliore polizza di assicurazione sulla vita del governo.
Le ragioni per cui Letta ha di che essere sollevato sono tante. La prima è che Napolitano ha ribadito con forza che l’esperienza delle larghe intese non si tocca, perché «la stragrande maggioranza degli italiani» vuole che l’esecutivo vada avanti per rilanciare l’economia e l’occupazione: un tema che nei giorni scorsi era stato spesso fatto filtrare da Palazzo Chigi, sostanziato dai sondaggi. Il secondo motivo di sollievo è che il Colle definisce le riforme realizzate sin qui «importanti provvedimenti» e chiede ai partiti di accelerare sulla via delle riforme istituzionali. Per Napolitano mettere in sicurezza la legge elettorale è una priorità assoluta e anche qui Letta — strenuo oppositore del Porcellum — è in totale sintonia con la moral suasion del capo dello Stato. Domenica, aprendo il Meeting di Cl a Rimini, il premier rilancerà l’appello a superare lo spirito di parte e inviterà i partiti a sostenere con «responsabilità» quello che ritiene, al momento, l’unico governo possibile .
«Fatale sarebbe una crisi del governo» ammonisce il presidente, scandendo parole che rafforzano la premiership di Letta e che, prevedono molti nel Pd, allontanano la corsa di Matteo Renzi verso Palazzo Chigi. Quando scrive che le possibilità di ripresa economica si sono finalmente delineate, il capo dello Stato riconosce a Letta di avere indirizzato il Paese sulla giusta rotta e ammonisce le forze che sostengono la maggioranza: guai ad agitare «ipotesi arbitrarie e impraticabili di scioglimento delle Camere». E anche il passaggio sulla condanna di Berlusconi e il «conseguente obbligo di applicarla» è assolutamente sovrapponibile ai ragionamenti di Letta, convinto che le leggi e i problemi del Paese vengano prima di tutto. Lo conferma il senatore Francesco Russo, quando dà atto al Colle di «aver saputo interpretare al meglio i reali sentimenti degli italiani».
I lettiani sono scatenati. Francesco Sanna definisce Napolitano «impeccabile» nell’aver ricostruito le priorità del Paese: uscire dalla crisi economica e rilanciare l’occupazione. Paola De Micheli interpreta la discesa dello spread come la prova che Letta sta «operando bene» e chiede ai partiti di smetterla di alimentare un «miope autolesionismo». Ma per capire quanto il messaggio di Napolitano sia destinato a incidere sulle dinamiche del Partito democratico, bisogna leggere le considerazioni di Marco Meloni. L’onorevole sardo, uno dei più vicini a Letta, ribadisce un concetto molto caro al premier: la distanza tra le politiche e la politica politicante, quella che genera instabilità e fibrillazioni.
L’apertura di credito che i mercati hanno offerto all’Italia è una «opportunità da non perdere». Ma perché le casse dello Stato possano beneficiarne bisogna sciogliere ancora molti nodi: rendere più efficiente la spesa pubblica, aprire il mercato alla concorrenza, rimettere in moto gli investimenti… Missioni che hanno bisogno di tutte le energie. «Dunque — sprona Meloni, parlando ai democratici — concentriamoci più sulle cose da fare che su regolette congressuali e altre questioni di lana caprina». Parole che di certo Letta condivide e che faranno fischiare le orecchie di Renzi, che ha criticato l’incertezza sulla data del congresso.
Monica Guerzoni
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