La battaglia «anticasta» online dell’avvocato Xu Zhiyong
PECHINO Aveva fondato il «Movimento dei cittadini», poi era finito agli arresti domiciliari. Dalla sua abitazione aveva proseguito nelle sue richieste affinché i funzionari politici cinesi fossero costretti a pubblicare i propri patrimoni finanziari. Aveva avuto un seguito, con molte persone che avevano supportato la sua causa e quella del suo movimento. Per questo, benché ai domiciliari, era stato accusato del reato di «disturbo dell’ordine pubblico» e a luglio era stato arrestato. Eppure anche dal carcere, Xu Zhiyong – avvocato cinese quarantenne – è riuscito a far parlare di sé e a comunicare con il suo movimento e con quanti lo hanno supportato anche via internet. Attraverso un video registrato durante una visita ricevuta dietro le sbarre, ha incitato i cinesi a unirsi e «lottare insieme per ottenere i nostri diritti da cittadini, per rispondere alla nostra identità di cittadini e lavoriamo insieme per promuovere la democrazia, lo Stato di diritto, l’equità e la giustizia nel nostro paese. Sicuramente possiamo costruire una Cina amorevole, libera e capace di sviluppare un sentimento di cittadinanza pubblica».
Nonostante lo società cinese sia «assurda», ha raccontato nel video, «questa società ha bisogno di cittadini coraggiosi che sappiano difendere le proprie convinzioni, cittadini capaci di prendere sul serio i propri diritti, le responsabilità e i propri sogni. Sono orgoglioso di mettere la parola “cittadino” prima del mio nome, e mi auguro che tutti i cinesi possano fare lo stesso». La vicenda di Xu Zhiyong ha destato molta attenzione in Cina, sia perché la sua campagna ha trovato un largo seguito, sia perché al suo destino si sono interessati personaggi noti. Alcuni di loro hanno avuto di conseguenza problemi con la giustizia locale, a segnalare come il Partito comunista tema in modo particolare quei movimenti popolari che fanno breccia – su internet e non solo – e che in linea teorica si pongono come alternativa potenziale al dominio incontrastato della propaganda di Partito. Un noto giornalista che aveva supportato la causa di Xu è stato arrestato nelle scorse settimane, mentre alcuni attivisti e dissidenti, erano stati arrestati in occasione della celebrazione di un compleanno, proprio perché sospettati di occuparsi della vicenda dell’avvocato «anti casta».
E il movimento contro i patrimoni miliardari dei politici in Cina da anni fa sentire la propria voce: tempo fa a Canton ci fu addirittura una manifestazione durante la quale vennero issati striscioni che chiedevano ai funzionari cinesi di dichiarare in modo pubblico i propri imperi economici. Corruzione e diseguaglianza sociale costituiscono due dei punti più deboli dell’intero sistema politico cinese, specie agli occhi di una società che vede l’economia rallentarsi e svanire i sogni dell’arricchimento «glorioso». Cresce dunque la tensione sociale e con esso una classe urbana che oltre a chiedere una qualità di vita migliore, comincia ad interessarsi anche agli aspetti più «etici» dei propri governanti. La rete da sempre costituisce una sorta di organo di vigilanza: molti funzionari negli ultimi anni sono stati costretti a dimettersi perché pizzicati on line a indossare orologi o vestiti troppo costosi per il proprio rango di «servitore del popolo». Si tratta di un sentimento che il Partito conosce bene: non è un caso che la prima campagna lanciata dal neo presidente Xi Jinping sia stata proprio quella contro la corruzione, con l’intento di colpire «sia le mosche, sia le tigri». Insieme a questo processo lo stesso Xi Jinping aveva affermato che «nessuna organizzazione o individuo dovrebbe porsi al di sopra della costituzione».
Un monito che aveva fatto pensare a un’opera di pulizia reale, che invece si sta rivelando il consueto processo dall’alto verso il basso – sebbene appaia dotato di maggior forza, rispetto a tentativi del passato, come dimostra la recente espulsione dal Partito per corruzione dell’ex vice direttore della Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme cinese, Liu Tienan – senza lasciare spazio alla società civile, o quel che più gli assomiglia in Cina: gli intellettuali e quanti si attivano sul web. A questo proposito il megafono mediatico del Partito comunista, ovvero il Quotidiano del popolo , negli ultimi tempi ha insistito nella critica di questi movimento popolari e più in generale contro le istanze di chi pensava che dopo il diciottesimo congresso del Partito, si potesse aprire una nuova fase di riforme politiche.
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