by Sergio Segio | 9 Agosto 2013 6:45
TORINO — Questa è la storia di un treno che non riesce a trovare i suoi binari. Arriva fino a una stazione e scopre che la via ferrata prosegue 14 metri più in basso: un salto equivalente a una casa di cinque piani. Il deprecabile dislivello è il risultato di lunghe riunioni con gli ingegneri, i geometri, gli esperti che nel corso degli ultimi 23 anni si sono occupati della ferrovia per l’aeroporto di Caselle. E che hanno creato l’incredibile caso del treno che viaggia sulla Luna. Oggi quegli stessi esperti stanno per realizzare una soluzione non meno incredibile: per riparare all’errore è necessario spendere altri 160 milioni di euro costruendo una galleria e una stazione nuove di zecca. E buttare al vento un’altra quarantina di milioni di quelli spesi nel 1990 per realizzare la linea attuale. Succede a Torino, Italia. Da mercoledì scorso sede dell’Authority dei trasporti.
In un tempo non lontano era possibile arrivare da Caselle a Torino centro in treno. L’impresa era riuscita ai tifosi di Italia 90 e anche al popolo delle Olimpiadi invernali del 2006. La ferrovia per l’aeroporto era stata ammodernata in vista dei Mondiali di calcio con una spesa equivalente ai 100 milioni di euro di oggi. Dall’aeroporto si arrivava alla stazione Dora e da questa i binari si inserivano sulla linea proveniente da Milano proseguendo per porta Susa.
Poi è successo l’imprevedibile. «Quando si è scelto di abbassare il piano della ferrovia per Milano, tutto il sistema dei livelli è andato in tilt», sintetizza Paolo Foietta, dirigente della Provincia. Decisione presa nel 2003 e realizzata nel 2007. Anche le ferrovie per l’inferno, come le strade, sono lastricate di buone intenzioni. Nel caso, l’abbassamento dei binari era nato per eliminare la massicciata che divideva in due la città, costringendo gli abitanti a vivere contro un muro. Nessuno aveva però pensato alle conseguenze: se si abbassa una ferrovia, bisognerebbe far scendere anche quelle collegate. Invece la ferrovia per Caselle è rimasta al livello precedente, mentre quella per Milano è stata abbassata di 14 metri. Alla stazione Dora i treni che arrivano dall’aeroporto devono fermarsi sull’orlo del precipizio e guardano dall’alto in basso tutto il traffico che viaggia verso il cuore della città nella nuova sede abbassata del passante ferroviario. Che fare?
La discussione per colmare il gap ferroviario è stata accesa e pittoresca. La proposta più fantasiosa (e improbabile) è stata quella di una galleria elicoidale che scendesse a chiocciola verso il basso per raggiungere finalmente i binari della linea per Milano. Scartata. Più logiche altre idee: quella di costruire una galleria a fianco della linea per Milano che scendesse gradualmente fino a Porta Susa. O quella di far proseguire il treno da Caselle verso il centro città senza immettersi nell’altra ferrovia. L’idea più rivoluzionaria era stata quella dell’ascensore: «Si sarebbe potuta costruire la stazione Dora su due diversi piani collegati da ascensori e scale mobili», dice il consigliere provinciale del Pd, Roberto Cavaglià. Costo previsto? «A essere generosi, due milioni».
In questi giorni invece stanno per partire i bandi per la soluzione prescelta: una nuova galleria e una nuova stazione ferroviaria in zona Rebaudengo. Costo: 160 milioni. Perché spendere tanto? «Perché la soluzione dell’ascensore — sostengono i tecnici di Infrato, la società di progettazione del Comune — avrebbe impedito la continuità ferroviaria. I passeggeri per Caselle che partivano dal centro avrebbero dovuto cambiare treno». Eppure basta la geometria per capire che qualcosa non torna. La nuova galleria da 160 milioni è lunga poco più di due chilometri, più o meno come l’attuale che dovrebbe sostituire. Sono due lati di un triangolo isoscele. Bastava abbassare l’attuale galleria fatta nel ‘90 (che verrà invece abbandonata) e si sarebbe evitato di costruire quella nuova, che avrà una pendenza identica. Una soluzione che le delibere del Comune bocciano perché «di difficoltà tecnica eccessiva ». Così si scaverà e si spenderà. Non si può più evitarlo? «Ce lo siamo chiesto anche noi — dice l’attuale assessore di Torino, Claudio Lubatti — ma ormai il Cipe aveva dato parere favorevole al progetto e l’unico modo per ottenere il finanziamento era quello di sposare la soluzione di corso Grosseto. Forse oggi non la più indicata. Ma l’alternativa era quella di perdere i fondi e non fare nulla».
Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2013/08/2013-08-09-06-46-15/
Copyright ©2024 Diritti Globali unless otherwise noted.