by Sergio Segio | 8 Agosto 2013 7:18
NEW YORK — Jay Leno lo dice in televisione durante l’intervista al presidente Obama: «Questa legge russa che vieta la propaganda gay mi ricorda un po’ la Germania nazista». Ma il paragone più duro è dello scrittore inglese Stephen Fry che in una lettera al premier David Cameron e al capo del Comitato olimpico internazionale Jacques Rogge spiega: «I Giochi invernali di Sochi sono come quelli di Berlino del 1936, un insopportabile spot ai diritti violati: bisogna agire subito».
Lo sport e l’arte, come spesso avviene, sono i più svelti a muoversi. Così dopo le uscite delle pop star Madonna e Lady Gaga, dopo gli inviti a boicottare la vodka nei bar americani, è la volta degli atleti a scendere in pista in difesa degli omosessuali. Anche perché Mosca sarà la protagonista dei prossimi tre grandi eventi: si parte sabato con i Mondiali di atletica, a febbraio del 2014 appunto le Olimpiadi invernali e poi nel 2018 la Coppa del mondo di calcio.
Nick Symmonds corre gli 800 metri per gli Stati Uniti e sul suo blog è il primo ad uscire allo scoperto: «Non sono d’accordo con questa legge, come americano credo nella libertà di parola e credo che tutti siano uguali e vadano trattati allo stesso modo. Ma è anche l’ultima volta che ne parlo per rispetto al paese che ci ospiterà non dirò più nulla. Se vincerò dedicherò in silenzio la medaglia ai miei amici gay e lesbiche».
Una prudenza che rispecchia il clima ufficiale. Così come avvenne già per le Olimpiadi di Pechino, il Cio e gli sponsor occidentali infatti sono nel mirino per il loro equilibrismo impossibile tra diritti civili e ragion di stato, o meglio ragion d’affari. Gli investimenti sono miliardari, spiega il New York Times,
ed è difficile che i vertici dello sport mondiale vadano a uno scontro frontale con la Russia. Diverse associazioni umanitarie sono al lavoro per chiedere il boicottaggio: sono state raccolte trecentomila firme grazie a testimonial illustri, come l’ex campione dei tuffi Greg Louganis: «Lo spirito olimpico si basa su principi di amicizia e rispetto, tutti devono potere esprimere le loro opinioni », dice in un’intervista a Usa Today.
Poi aggiunge rivolto a Putin: «I gay sono i nostri figli, i nostri fratelli, i nostri amici: lui metterebbe in galera i suoi figli, fratelli, amici? Se ci sarà bisogno, io andrò a Sochi a testimoniare il mio dissenso».
Obama critica la legge, ma è certo «che non ci saranno conseguenze sui Giochi». Il Cio, in un comunicato, giura di «aver avuto tutte le assicurazione necessarie » e che «non ci sarà alcuna discriminazione ». Ma le parole del ministro dello sport russo, Vitaly Mutka, non lasciano spazio a molti dubbi: «Gli atleti con un orientamento sessuale non tradizionale potranno venire qui, ma non accetteremo nessun tipo di propaganda: c’è una legge e la faremo rispettare». Infatti niente Pride House, che invece c’era nei Villaggi Olimpici di Vancouver e Londra, e una grande incognita nel capire cosa accadrà agli atleti dissidenti: «Io gareggerò con una spilla arcobaleno», promette il pattinatore neozelandese Blake Skjellerup, che conclude: «Se verrò punito, così sia. La colpa sarà loro».
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