“Silvio condannato perché sapeva” Bagarre su Esposito, insorge il Pdl

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ROMA — Il Pdl insorge per l’intervista a Il Mattino di Antonio Esposito, il presidente della sezione della Cassazione che ha confermato la condanna di Silvio Berlusconi nel processo per i diritti tv Mediaset. Esposito avrebbe anticipato le motivazioni della sentenza dichiarando che il Cavaliere è stato «condannato perché sapeva, non perché non poteva non sapere».
Il magistrato ha smentito alcune parti dell’articolo che si riferivano alla sentenza Mediaset, ha precisato di aver parlato in generale, e ha denunciato che «il testo da lui approvato prima della pubblicazione è stato manipolato».
Il quotidiano di Napoli ha replicato sostenendo di aver trascritto in modo «letterale» le parole del presidente della Cassazione pubblicando
sul sito online — come prova — l’audio del colloquio telefonico tra Esposito e giornalista.
Sul caso è intervenuto il Primo presidente della Cassazione, Giorgio Santacroce, al quale il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, ha chiesto «chiarimenti ». Dopo aver valutato «inopportuna» l’intervista, Santacroce ha precisato che «Esposito comunque era libero di farla», e ha assicurato che «ogni chiarimento è stato fornito al ministro della Giustizia». Il Guardasigilli per ora non ha attivato alcuna azione nei confronti del magistrato.
L’intervista al Mattino ha suscitato critiche bipartisan: tra i democratici Donatella Ferranti, presidente della commissione giustizia della Camera, l’ha giudicata «inopportuna». Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, s’è detto «sconcertato». Mentre all’opposizione s’è registrato il silenzio della Lega e una mezza difesa del movimento di Grillo («Non è così grave o rilevante ai fini di inficiare la sentenza», è il parere di Francesca Businarolo, deputata M5S).
Ma il Pdl non s’è lasciato sfuggire l’occasione per scatenare un attacco in grande stile contro l’alto magistrato invocando a più voci la revisione della sentenza e una riforma della giustizia. I componenti laici pidiellini del Csm Nicolò Zanon e Bartolomeo Romano hanno chiesto «l’apertura di una pratica per la valutazione della deontologia di Esposito».
Sono stati i capigruppo Pdl al Senato, Renato Schifani, e alla Camera, Renato Brunetta, poi, ad approfittare di questo «infortunio gravissimo» per chiedere «una riforma della giustizia che ponga fine alla sfibrante contrapposizione tra giustizia e politica». Non spiegando, però, come una riforma possa evitare la condanna di un leader politico.
A proporre «una revisione del processo» sono in modo esplicito Michaela Biancofiore, sottosegretario alla Funzione pubblica. E, in modo più cauto, gli stessi avvocati del Cavaliere. «Il fatto in sé è gravissimo e senza precedenti — tuona il legale Niccolò Ghedini — quanto accaduto non potrà non avere dei concreti riflessi sulla valutazione della sentenza emessa».
«È un fatto inaudito», rincara la dose Franco Coppi. «Valuteremo – ha aggiunto l’avvocato — quali possibilità ci offre l’ordinamento giuridico sovranazionale e vedremo se procedere con il ricorso europeo ». A questo proposito la Cassazione ha precisato che l’intervista al quotidiano partenopeo «non inficia, né cambia la decisione sul processo Mediaset» perché il verdetto «è già stato emesso e sancito con la pubblica lettura del dispositivo in aula al termine dell’udienza».
In difesa di Esposito si sono espressi l’Anm e il leader dell’Idv. «Come al solito — ha commentato sarcastico Antonio Di Pietro — se la prendono con chi ha certificato quel comportamento illecito e non con chi lo ha commesso». «Dichiarazioni inopportune — ha ammesso il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Rodolfo Sabelli — ma che non hanno conseguenze processuali né disciplinari, visto che si riferiscono a una sentenza definitiva».


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