by Sergio Segio | 5 Agosto 2013 6:49
Così nelle ultime ore, mentre si alternano indiscrezioni e smentite su possibili alleanze con il Pd, deputati e senatori sono di nuovo schierati sul territorio, nonostante la canicola agostana. Lontano da Roma (per lo più) e immersi tra i militanti, anche per testare i loro umori. Nessuna riunione congiunta all’orizzonte per varare (con il voto) cambi di rotta o strategia. Anzi, molti commenti lapidari sulla questione. «Governo in crisi? Non cambia nulla, non è cambiato niente rispetto a tre mesi fa», assicura Vito Crimi. «La situazione è la stessa di aprile», gli fa eco Sebastiano Barbanti. Che però ammette: «In questo momento è tutto in divenire, tutti sanno che il nostro intento è portare avanti il nostro programma».
C’è anche chi guarda oltre come Francesco Molinari: «Speriamo che sia arrivata la volta buona. Speriamo che, se cade il governo, il presidente Napolitano affidi a noi l’incarico: ora abbiamo esperienza». Le ipotesi di un varo in Aula, insieme ai democratici, di una nuova legge elettorale, non viene scartato a priori. Anzi, riformare il Porcellum è secondo il senatore «certamente un punto di passaggio nevralgico in caso di nuove elezioni. È nei nostri venti punti di programma, perché è necessario reintrodurre la possibilità per i cittadini di scegliere con le preferenze». «Prima di tutto a mio avviso — chiarisce Molinari — c’è il reddito di cittadinanza perché la gente sta soffrendo la crisi». «Tornare alle urne ora non ha molto senso — spiega Paola Pinna —. Si ripeterebbe la situazione attuale». Per la deputata sarda è venuto il tempo che «ognuno si prenda le proprie responsabilità», compresi i pentastellati. Pinna «condivide» la linea di chi vede indispensabile il varo di una nuova legge elettorale.
Proprio il programma potrebbe diventare la chiave di volta di uno scenario fino a poco tempo fa fantascientifico. Nel Movimento si considera ogni chance. Se il Pdl dovesse abbandonare l’esecutivo e proporre una mozione di sfiducia in Aula cosa farebbero i pentastellati? «Una decisione la prenderemmo tutti insieme — fanno sapere fonti vicine ai Cinque Stelle —. Ma non è detto che voteremmo la sfiducia. Sarà necessario prima valutare scelte e nomi dell’esecutivo». Già, perché se i ministri di centrodestra venissero rimpiazzati da personalità di alto profilo — come Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, Gino Strada — care ai Cinquestelle potrebbe sorgere un bel rebus politico. Difficile non vedere un segnale di avvicinamento al Movimento in questa ipotesi. E qui entra in gioco il programma. Se l’avvicinamento fosse supportato anche dalla volontà di mettere in calendario anche alcuni punti cardine dei Cinquestelle, proprio a partire dalla riforma della legge elettorale (ma non solo quella) sarebbe «complicato e controproducente», come sostengono nel Movimento, votare la sfiducia. Si aprirebbe una nuova fase politica che coinvolgerebbe tutti i provvedimenti già in discussione, dove i Cinquestelle rimarrebbero a dare il loro sostegno sotto traccia per quegli atti che li troverebbero concordi. Fantapolitica, almeno per ora. Ma un’idea che non dispiace ad alcuni parlamentari, sia tra i fedelissimi sia tra i dissidenti. Orizzonti di mezza estate. Almeno per ora.
Intanto, (mentre sul blog Beppe Grillo dà spazio a un intervento di Roberto Fico sul mancato invio della documentazione chiesta in Vigilanza alla Rai) su Facebook, c’è chi già guarda alle prossime elezioni. «A me interessa poco che il Movimento sia al 20% o al 40% nei sondaggi. Io spero che il Movimento possa rappresentare invece un’opportunità di partecipazione per quel 47% (la metà degli italiani) che non sa chi votare — scrive il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio —. Iniziamo a fargli capire cos’è il Movimento. Facciamo in modo che non decidano chi votare nelle ultime due settimane prima delle elezioni. Perché anche se in quel caso votassero per noi, sarebbe un voto frivolo che inevitabilmente li deluderà. Sostituiamo alla delega la partecipazione. E vinciamo noi».
Emanuele Buzzi
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