Il più crudele dei mesi

Loading

I dentisti avevano sempre il trapano al fresco. La gazzosa con la pallina di vetro era una suprema delizia. A Roma, il Cav. Benito pensava lui a tutto. La parola stress non era ancora entrata nell’uso universale. La fioraia dell’angolo non era andata a prendersi l’ameba nel Subsahara, il medico rispondeva al telefono perfino il giorno dell’Assunta, ma se non era una celebrità dubito ne avesse uno. Lo chiamavi dalla strada: — Dottor Biglia!! — il bravo camice bianco si affacciava, lo stetoscopio in mano. Ma io nacqui, quel 24 di agosto, a un pericoloso incrocio statale, il giorno dopo l’esecuzione di Sacco e Vanzetti, e non sono mai stato bene su nessun tipo di sedia. Non so se fosse già stata istituita la divina O.N.B., Opera Nazionale Balilla, e non avendo la Rete lascio la data in bianco. La Centrale babilonese di Milano era ancora un cantiere aperto. Opino che le auto circolanti allora in Italia non fossero più di centomila.
L’agosto era una belva che si svegliava di quando in quando: sbranava qualcuno e si riaddormentava. È la preistorica, anzi preantropica tigre con le zanne in versione Estate continentale. Oggi è diventato normale, e accettato da tutti, essere sbranati dalla malignità essenziale di agosto; normale perfino attendersi, in un vago retroterra d’anima, che il giorno di domani possa riservarci qualcosa di molto sgradevole, che in prospettiva minima, la più banale di tutte, può essere l’insoddisfazione, se non di peggio, per una vacanza sognata. Poter raccontare: — Tutto è andato meravigliosamente! — significa in cifra simbolica essere sfuggiti, quasi per grazia, alle zanne della tigre Agosto fino alla sponda settembrina.
Il vuoto civile è in special modo micidiale per cani e vecchi. Il sinistro fenomeno del loro abbandono è stato analizzato più volte.
Avendo un po’ di denaro e simpatie residue si può tamponare un poco, ma quella dei vecchi è solitudine a vita. Osservare le panchine nei giardini polverosi e sporchi, coi loro strati di pensionati. Tra loro il dialogo è laconico:
— Oggi devo comprare la carta igienica, sapone da bucato, prosciutto cotto… Il giornale non lo compro più… —
— Mia nuora dev’essere operata in settembre. Ma prima voleva vedere le cascate del Niagara! —
L’Italia non manca di idee. Se le comunicazioni private sono più o meno di questo livello, il rimedio è di aumentare la rumorosità, in specie notturna, con evocazioni medievali, diluvi di canzoni, balli per anziani, festival di partito, tutto a non meno di cento decibel. Tra i piaceri di agosto ci sono anche questi. Di cosa ci lamentiamo?
Non far dormire è l’idea fissa dei Comuni e per questo scopo i fondi non gli difettano. Non mi spiego che dai Paesi dove il silenzio è protetto dalla legge vengano a frotte in questa penisola a far code mostruose sulle autostrade, spender tanto per dormire tra le molestie di piazza e a mangiare all’aperto tra i gas di scarico incontrollati. Un Paese dove chi abbia riguardi per gli altri è perduto — addirittura perseguitato, per eccesso di civiltà.
C’è anche la strana persuasione che l’Italia e buon vino siano, a dirlo, la stessa cosa. Ma questo non è altro che uno degli innumerevoli trionfi della pubblicità, cioè della libertà di mentire nove su dieci, per l’onesto fine del profitto commerciale.
Confesso che di vini me ne intendo assai poco, ma la distinzione tra buono e cattivo il semplice gusto me la rivela. Ebbene, eccetto un certo tipo di lambrusco fermo, privo di solfiti, presente in pochi negozi di prodotti biologici, da undici gradi, un vino realmente bevibile non lo conosco. Le sofisticazioni per rendere sempre più ricercabile e celebrata l’invenzione noachida nel segno italiano hanno creato una babele di sapori e fatto salire in modo prontamente preoccupante per il volante le gradazioni. — Questo va da 13 e mezzo in su! A dodici non trovi più niente. Sentirai che roba! — Infatti, non sento che dell’alcol aromatizzato artificialmente, con un lontano ricordo di vitigno stravolto dai trattamenti. Due bicchieri di vino così ti stendono.
Dopo il tormentone Vacanze, la fine di agosto arriva carica di indicibile malinconia. L’accendersi dei grilli al primo buio t’impiomba di tristezza che non si placa. Meditabile la mirabile battuta del Krapp di Sam Beckett: «In tutta questa tenebra che mi circonda mi sento meno solo».


Related Articles

Addio al capitalismo nichilista

Loading

Le società  occidentali vivono una crisi che sembra senza sbocchi. Al di là  degli aspetti economici e finanziari, questa fase segna la fine del neocapitalismo, definito da Mauro Magatti «tecno-capitalismo nichilista» ne La grande contrazione (Feltrinelli, pp. 347, 25).

I Numeri Immaginari

Loading

I numeri sono tutti più o meno immaginari, visto che nel mondo reale nessuno ne ha mai visto o incontrato uno. Ma alcuni numeri sono più immaginari degli altri.

Il mio amico Gabo

Loading

SANTIAGO GAMBOA “CHE DOLORE VEDERLO STANCO E MALATO” Il premio Nobel, Fuentes, Mutis, Bolaà±o raccontati dallo scrittore colombiano

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment