by Sergio Segio | 3 Agosto 2013 6:20
Le agenzie di stampa del regime sono così abituate alla sceneggiatura dei suoi discorsi che hanno attribuito una frase nel suo stile ideologico anche al nuovo leader. Durante i cortei a Teheran, Rohani si ferma a parlare con i giornalisti locali. Dice: «Nella nostra regione una ferita è stata creata nel corpo del mondo islamico sotto l’occupazione della terra sacra di Palestina e della nostra cara Quds (Gerusalemme)». Le agenzie Isna e la Mehr (quasi-ufficiali) aggiungono nei loro dispacci le parole: «E questa ferita deve scomparire».
Poche ore dopo la televisione di Stato Press Tv interviene per precisare e diffonde il video dell’intervista a Rohani, in cui la minaccia non compare. Il neo-presidente dichiara che «il popolo musulmano non dimenticherà mai il suo diritto storico e resisterà sempre di fronte all’ingiustizia e all’aggressione». La Giornata di Gerusalemme viene celebrata ogni anno, è una commemorazione voluta dalla rivoluzione islamica del 1979. Le televisioni hanno mostrato i fedeli durante la preghiera del venerdì, urlano «morte all’America» e «morte a Israele».
Benjamin Netanyahu, il primo ministro israeliano, reagisce subito. Da quando Rohani è stato eletto a metà giugno ripete che nulla è cambiato, che l’ayatollah Khamenei resta la guida del Paese, che la strategia è la stessa: «Il vero volto del nuovo presidente è stato svelato prima del previsto — commenta da Gerusalemme —. Gli iraniani si affrettano a smentire le frasi, ma è quello che Rohani pensa. Queste dichiarazioni dovrebbero risvegliare una parte del mondo: non si può permettere che una nazione che minaccia Israele di distruzione si doti dell’arma atomica».
Jeffrey Goldberg, editorialista dell’Atlantic e di Bloomberg News , ascoltato come consigliere dal presidente americano Barack Obama, interviene per mettere in evidenza i tweet emanati ieri dagli assistenti dell’ayatollah Khamenei sul suo account ufficiale: «Tutta la Palestina ai palestinesi, dal fiume al mare». Commenta Goldberg: «Significa negare uno Stato per gli ebrei ed è la posizione degli antisemiti».
Netanyahu considera la missione della sua vita fermare il programma nucleare iraniano. Teme che gli occidentali possano ammorbidire l’embargo economico contro il regime convinti che con Rohani sia possibile il dialogo.
Per ora i deputati americani hanno votato mercoledì scorso un’inasprimento delle sanzioni: il premier israeliano si è congratulato e ha ricordato (agli europei) che «Teheran va giudicata per quel che fa non per quel che promette».
La decisione della Camera a pochi giorni dall’investitura del neo-presidente Rohani ha irritato gli iraniani: «Complica i negoziati già difficili ed è una scelta ingiusta che arriva nel momento sbagliato», ha commentato un portavoce del ministero degli Esteri.
Davide Frattini
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