by Sergio Segio | 4 Luglio 2013 7:31
NEW YORK — Come non bastassero le punture quotidiane da Cina e Russia. Come non fossero fastidiose le richieste di chiarimenti dagli alleati europei. Ora Edward Snowden avvelena anche i rapporti fra gli Stati Uniti e l’America latina. Non soltanto quei governi latinoamericani che da tempo sono polemici con gli Usa, hanno colto al balzo il clamoroso “dirottamento” dell’aereo presidenziale di uno di loro, il boliviano Evo Morales. Un affronto, una prepotenza imperialista: sono scattati all’unisono i “vicini del Sud”. Le proteste più vibranti sono venute ieri dal quartetto “radicale”, i leader di sinistra che governano in Argentina, Bolivia, Ecuador e Venezuela. Ma la vicenda dell’atterraggio forzato di Morales, trattato coi metodi che si usano verso un narcotrafficante, suscita una condanna dell’intera Unasur, l’Unione di 12 paesi latinoamericani che include moderati come Brasile e Cile.
Un comunicato dell’Unasur bolla come «pericolose» le azioni di Francia e Portogallo, i due Stati che hanno vietato il sorvolo dei loro cieli all’aereo presidenziale della Bolivia (sospettato a torto di trasportare anche Snowden). L’Unasur terrà un summit d’emergenza per discutere la vicenda, che alcuni definiscono come «un’aggressione» da parte degli Usa e dei loro compiacenti alleati europei (uno dei quali, la Francia, per la verità aveva reagito duramente alle prime rivelazioni sullo spionaggio di Washington ai suoi danni). «Sono tutti impazziti », è il commento che la presidente argentina Cristina Kirchner ha affidato a Twitter, dopo aver parlato a telefono con Morales. Cuba e il Nicaragua si sono uniti al coro delle condanne. In Ecuador il presidente Rafael Correa ha definito le azioni dei governi europei «estremamente gravi»: proprio lui era stato chiamato dal vicepresidente Usa Joe Biden all’inizio della settimana, perché l’Amministrazione Obama voleva dissuadere l’Ecuador dall’offrire asilo politico a Snowden. Ma il lavoro diplomatico di Biden viene vanificato dall’offesa arrecata allo status di Morales. «È un affronto a tutta l’America latina — ha scritto Correa su Twitter — le leggi internazionali sono state calpestate». Per i mass media e le opinioni pubbliche latinoamericane, riaffiorano i ricordi di un’epoca in cui gli Stati Uniti trattavano il subcontinente come “il cortile di casa”, e dalla dottrina Monroe in poi si ritenevano legittimati ad ogni sorta di interferenze: ivi compreso l’appoggio a dittature militari. I boliviani descrivono la disavventura del loro presidente come un «rapimento imperialista».
Per il giovane informatico bloccato nel terminal aeroportuale di Mosca, è un’altra vittoria: non soltanto è stato capace finora di resistere all’accerchiamento e alla pressione della superpotenza americana su tutti i governi che potrebbero ospitarlo; ora i danni che arreca all’immagine degli Stati Uniti si stanno dilatando a dismisura. Non a caso, negli Usa l’interrogativo più pressante resta questo: com’è possibile essere così vulnerabili, così esposti, di fronte alla defezione di un solo tecnico informatico? Quanti altri Snowden ci sono, nei ranghi dell’intelligence, o tra le aziende mercenarie che lavorano per i servizi?
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