Una mossa che amplifica gli scricchiolii

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La stessa decisione di rivolgersi di nuovo a lui testimoniava l’eccezionalità del momento. Vedere l’esecutivo attaccato ogni giorno dagli alleati lo induce a un richiamo misurato quanto duro. Le critiche arrivate a Letta dall’ex premier Mario Monti sono sorprendenti, e Napolitano le declassa a «stimolo».

Ma prende le distanze anche dal presidente del Senato, Piero Grasso, che aveva anticipato un altro esecutivo in caso di crisi. «Opinioni personali e non del Senato»: Napolitano le ha bollate così, da Zagabria, invitando a non drammatizzare problemi che considera fisiologici per una coalizione così eterogenea. Sa che il vero scricchiolio non è quello provocato dalle convulsioni del Pdl, sempre più corroso dallo scontro interno. Il pericolo di logoramento viene da Monti.

La sua richiesta di un «cambio di passo» incrocia gli attacchi a Palazzo Chigi del sindaco di Firenze, Matteo Renzi; e segnala un’insoddisfazione e un’impazienza non dissimili, per quanto non condivise, da una parte di Scelta civica. Giovedì, Letta riunirà la maggioranza: un vertice atteso da tempo. Ma l’alone di nervosismo che lo circonda sta diventando preoccupante. È come se molti, in modo inconsapevole o decisi al sabotaggio, lavorassero per indebolire la sua coalizione.

Con la sua uscita ruvida, Monti fornisce una sponda ai berlusconiani più scettici sull’accordo di governo. E benché Letta assicuri che dopodomani si chiarirà tutto, il tiro al bersaglio non si ferma. Basta che il vertice sia chiamato «verifica» per indurre a parlare di riti della Prima repubblica. Il monito di Napolitano cerca di ricondurre a una visione meno esasperata dei problemi. È come se il capo dello Stato invitasse a non gridare al fuoco col solo risultato di alimentarlo. Il suo è un ruolo da moderatore che infastidisce chi diffida di qualunque ipotesi di tregua come se fosse un tranello.

Personaggi come il coordinatore del Pdl, Sandro Bondi, accusano Napolitano di aggravare la crisi politica con un «interventismo» che ottiene «effetti contrari alle intenzioni»; e di assumere un profilo «che non combacia con quello previsto dalla Costituzione». Accuse singolari. Anche perché fu proprio Silvio Berlusconi, prima degli altri leader, a chiedere al presidente della Repubblica di ricandidarsi per uscire dal pantano nel quale le forze politiche si erano infilate nelle votazioni per il Quirinale. Il governo Letta è il risultato dalla mediazione del capo dello Stato: una soluzione di emergenza che implica un raccordo stretto e continuo con Napolitano, suo garante; e un senso di responsabilità dei partiti che qualcuno vive con frustrazione crescente.


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