by Sergio Segio | 10 Luglio 2013 7:17
ROMA — Un settore che muove 62 miliardi di euro, che guarda ad un futuro sempre più hi-tech ma che deve fare i conti con una profonda crisi. Il mondo dei media, l’editoria tradizionale e quella evoluta, la tv e la radio, le Poste e la telefonia fissa e mobile fanno i conti con la frenata dell’economia e rispetto allo scorso anno lasciano sul terreno circa 4,4 miliardi di euro.
I dati dell’Agcom, l’autorità per le Comunicazioni, contenuti nella relazione annuale, vanno inquadrati in un settore in costante espansione. Ma, proprio per questo, legato alla congiuntura economica. Colpisce, ad esempio, il numero degli utenti che ancora non utilizzano internet: uno su tre non riesce a “navigare”. «Una larga fetta di italiani è ai margini della rete», sottolinea il presidente dell’Agcom Angelo Marcello Cardani. Le famiglie che nel 2012 avevano una connessione a banda larga su cavo erano il 49%. Un dato che nel caso di famiglie con almeno un minorenne schizza però al 71% e apre la porta a nuovi scenari.
Infatti, gli utenti più assidui sono i ragazzi tra i 15 e i 19 anni, circa il 5% della popolazione mentre un piccolo esercito di ragazzini sotto i 15 anni (8 milioni il 13% della popolazione) è già pronto a navigare nei prossimi anni. Sono dei «nativi digitali» che cresceranno dando per scontato che ci sia connessione ovunque.
Il settore, però, risente nel suo complesso del calo degli investimenti pubblicitari e a farne le spese, stavolta, è uno dei protagonisti della televisione: Mediaset per la prima è stata sorpassata del più grande concorrente a pagamento, Sky Italia che con 2,6 miliardi, ha superato per ricavi il Biscione. Un colpo duro per la famiglia Berlusconi che incassa un calo secco del 13,2% e un fatturato in discesa a 2,48 miliardi. Oggi la fetta dell’azienda di Murdoch vale il 32% del mercato, contro il 30,2% di Mediaset e il 28,5% della tv pubblica. La corazzata Rai, dal canto suo, perde un po’ meno al confronto (il 7,5%) ma solo per l’impennata degli introiti del canone che da solo vale quasi 1,7 miliardi contro introiti pubblicitari crollati dagli 890 milioni del 2011 ai 683 milioni dello scorso anno (-23%).
La crisi stringe il settore dell’informazione. L’editoria periodica e quotidiana ha perso nell’ultimo anno quasi un miliardo di ricavi, il 14% del totale, suddiviso tra il 10,2% dei quotidiani e il 17% dei periodici. Ma se si confrontano i dati tra tv e quotidiani, stavolta il calo più forte è stato messo a segno dalle aziende del piccolo schermo con quasi il 18% di frenata contro il meno 16% dei giornali e il meno 7,1% delle radio. Solo internet mostra il segno più con un incremento degli inserzionisti del 10,3%. Ci sono poi i numeri sull’utilizzo del digitale in tutte le sue forme da parte degli italiani: la “dieta mediatica”, ma forse è meglio definirla un abbuffata, occupa 4 ore e mezza al giorno, pari a 36 gigabyte scaricati o visti. I consumi giornalieri sono pari a 274 minuti: 23 minuti sui social network, 10 minuti al telefono, 115 minuti per la tv, il tempo di inviare 21 email, 30 sms e messaggi di chat e la lettura di 276 byte di ebook. Sullo sfondo, infine, si è parlato anche dello scorporo della rete Telecom. Per il presidente del gruppo Franco Bernabè si tratta «di un passo importante». E per Paolo Bertoluzzo, numero uno di Vodafone Italia, «lo scorporo, se profondo e ampio, potrebbe rappresentare un’opportunità per il mercato».
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