Stretta sulle lobby in tredici articoli

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ROMA — Il governo accelera sulla regolamentazione delle attività dei lobbisti e confeziona un disegno di legge di 13 articoli che potrebbe essere varato già domani dal Consiglio dei ministri: albo dei portatori di interessi che potranno offrire al massimo piccoli regali (sotto i 150 euro), divieto per i «decisori» in uscita — tra gli altri gli ex ministri, gli ex parlamentari, gli ex capi di gabinetto — di essere cooptati dalle aziende e dalle lobby nei due anni successivi alla cessazione della carica. Queste le novità principali del testo governativo che, però, arriva in un momento di grande tensione tra governo e avvocati. Oua, Cnf e Cassa forense hanno rifiutato di incontrare, nel vertice programmato a via Arenula, il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri che nei giorni scorsi aveva parlato di grandi lobby capaci di bloccare le riforme: «Noi umiliati e offesi. Il ministro ha leso la nostra dignità». Ma gli avvocati, più che per le affermazioni del ministro, sono entrati in fibrillazione a causa del decreto legge del fare (già varato) che introduce la mediazione obbligatoria prima di avviare un processo civile. Quindi, annunciano lotta dura a livello nazionale: 8 giorni di sciopero nei tribunali e rifiuto di incontrare il ministro se il governo non proporrà prima lo stralcio della norma contestata.

Palazzo Chigi però va per la sua strada. Il pre consiglio di ieri — cui hanno partecipato i ministeri della Pubblica amministrazione, della Giustizia, delle Riforme e dei Rapporti con il Parlamento — ha messo a punto, con il coordinamento del sottosegretario alla Presidenza Filippo, Patroni Griffi, il testo atteso da quasi un anno: infatti nel 2012, contestualmente al varo della legge anticorruzione, il Parlamento approvò un ordine del giorno che impegnava il governo a regolare l’attività lobbistica.

Ed eccolo, allora, il testo di 13 articoli che Patroni Griffi mise in cantiere come ministro della Funzione pubblica: «Dal 1948 al 2013 sono stati presentate 53 proposte di legge di iniziativa parlamentare e un disegno di legge del governo in materia di lobbying ma nessuno di questi è stato mai discusso nelle competenti commissioni». Fatta questa premessa, la relazione del ddl precisa: «Tale mancata regolamentazione del fenomeno lobbistico ha aumentato il livello di opacità nelle scelte, ha provocato fenomeni distorsivi dei processi decisionali , rendendo oscuri tali processi e impedendo a tutti gli interessi di emergere». Dunque, il governo, anche per i pressanti richiami dell’Ocse, punta a «disciplinare l’azione di mediazione lecita e ad ampliare il livello di trasparenza nelle amministrazioni pubbliche».

Sarà vietato (articolo 6) il cosiddetto «revolving door» che consente a ex parlamentari e decisori pubblici in pensione di diventare lobbisti senza nemmeno un periodo di riposo. Per due anni, dunque, dovranno restare fermi molti ex decisori: ministri, sottosegretari, parlamentari, vertici degli uffici di diretta collaborazione, i dirigenti generali, collaboratori parlamentari, consiglieri parlamentari, etc. Ma il divieto scatta anche per i dipendenti pubblici, per i soggetti con incarichi conferiti dalla Pa, i giornalisti pubblicisti e professionisti, dirigenti dei partiti e dei sindacati. Insomma, si cerca di mettere una toppa sulla falla che porta nel mare della politica al servizio degli affari.

I nomi dei lobbisti, poi, verranno inseriti in un «elenco dei portatori di interessi particolari» istituito presso la Commissione per la valutazione e la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit) che avrà un suo sito Internet accessibile a tutti. Il codice di comportamento prevederà il divieto di offrire al decisore regali o altra utilità con valore non superiore ai 150 euro.

Il ddl sulle lobby si mette in fila ad altri provvedimenti sulla giustizia. Ieri alla Camera intanto è scoppiata l’ennesima bagarre scatenata dalla Lega e da Fratelli d’Italia contro il testo che introduce la detenzione domiciliare fino a 6 anni di pena. Oggi alle 12 il ministro Cancellieri sarà in aula per il voto finale e, alle 8.30, incontrerà la maggioranza per concordare minime correzioni alla nuova geografia giudiziaria che ieri ha superato il vaglio della Consulta.

Dino Martirano


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