Stretta sulla spesa per finanziare Iva e Imu

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ROMA — Sta per essere nominato a sorpresa il commissario per la spending review: il governo guidato da Enrico Letta ha finalmente trovato la figura giusta a cui affidare i tagli della nostra spesa pubblica, un «mostro» da 800 miliardi. Il nome sarà rivelato solo nei prossimi giorni, ma dalle prime indiscrezioni si tratta di un italiano che ricopre attualmente un ruolo in un organismo internazionale e che quindi rientrerebbe proprio per fare le pulci agli sprechi di casa nostra. Un compito delicato: in assenza di nuove entrate possibili, i tagli di spesa dovranno essere usati anche per trovare le coperture strutturali per il taglio dell’Imu e il rinvio dell’aumento dell’Iva fino a dicembre. E’ infatti questo l’obiettivo del ministero del Tesoro: dopo un primo rinvio del rincaro fino al 30 settembre, che per il governo è coperto dall’aumento degli anticipi dei prelievi fiscali, via XX Settembre punta a rimandare fino al 31 dicembre lo scatto dell’Iva. Così da chiudere il 2013 e rimandare la questione Iva direttamente alla legge di Stabilità. Quindi non c’è nessuna manovra correttiva in vista: «Sarebbe un provvedimento autolesionista perché, oltre ad aggravare la recessione, aumenterebbe il debito pubblico», sottolinea il viceministro all’Economia Stefano Fassina (Pd). E il ministro della Pubblica amministrazione Gianpiero D’Alia spiega: «Non è alle porte alcuna manovra correttiva. Saccomanni sta facendo con grande serietà un lavoro difficile per trovare le risorse necessarie a intervenire su Imu e Iva».

L’argomento sarà sul tavolo della cabina di regia del governo fissata per giovedì 18: dopo l’appuntamento saltato la scorsa settimana, infatti, è stato deciso di riunire in un solo incontro entrambi i temi. Si tratta di un capitolo che vale al massimo 5 miliardi: uno per coprire il secondo rinvio dell’Iva, sempre che il Pdl non si metta seriamente di traverso alla copertura ipotizzata dal governo (in quel caso i miliardi diventerebbero due, uno per il primo rinvio e l’altro per il secondo); e quattro per l’abolizione totale dell’Imu sulla prima casa, ipotesi sostenuta strenuamente dal Popolo delle libertà. Che invece il Pd vorrebbe rivedere «al ribasso»: cioè rimodulando la tassa sulla prima casa in modo tale da esentare la maggior parte dei proprietari e far pagare solo i più ricchi.

Come si trovano questi cinque miliardi? Sono tre i capitoli su cui i tecnici stanno lavorando: la spinta per l’adozione dei costi standard per Pubblica amministrazione e enti locali; la diminuzione delle agevolazioni fiscali per i benestanti (per esempio, solo i bisognosi potrebbero detrarre gli occhiali dal 740); e la razionalizzazione delle agevolazioni per le imprese. Ma c’è un altro argomento spinoso che probabilmente finirà nella riunione: l’adozione di contratti acausali per tre anni, slegati dalla contrattazione collettiva, in vista dell’Expo: un tema che sta a cuore al presidente della commissione Lavoro al Senato, Maurizio Sacconi: «Bando alle polemiche, la maggioranza dovrebbe incoraggiare il governo a decidere in questo senso».

E le “grane” non finiscono qui. «Esistono almeno altri tre capitoli cui guardare per valutare tutto il discorso delle coperture — avverte il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta — Bisogna trovare fondi, difficilmente quantificabili, per finanziare il patto di Stabilità dei Comuni, in modo che possano sbloccare risorse per scuole e rischio idrogeologico. Poi bisogna rimettere mano alla Cassa integrazione guadagni, almeno per un miliardo. E va coperta anche la Tares, rinviata a dicembre, per un altro miliardo». E’ vero che qualche spicciolo potrebbe arrivare dalla riduzione degli interessi sul debito pubblico. Ma quelli dovrebbero andare alla riduzione del cuneo fiscale, altro tema caldo dell’autunno italiano .

Valentina Santarpia


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