Shalabayeva, appello della sorella “Aiutateci a riportarla in Italia”

by Sergio Segio | 24 Luglio 2013 7:23

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ROMA — Oggi alla Senato Emma Bonino proverà a rivendicare il suo passato. Citerà i trent’anni di vita politica in difesa soprattutto dei diritti umani. Trent’anni che però rischiano di sparire, polverizzati, dal modo in lei e il governo italiano hanno prima deciso e poi sottovalutato il caso della deportazione di Alma Shalabayeva e della figlia di 9 anni.
Alle 15.30 il ministro degli Esteri si presenta in Commissione al Senato. Le hanno preparato una cronologia degli eventi che si sono succeduti dalla sera del 31 maggio, quando la Bonino seppe del mancato arresto di Mukhtar Ablyazov e dell’espulsione delle donne non dai suoi diplomatici ma da una Ong privata. Davanti ai suoi ex colleghi la Bonino rivendicherà di aver fatto molto di più di quello che non ha fatto sapere. Per esempio di aver fatto ricevere dal suo capo di gabinetto Piero Benassi per 4 volte gli avvocati della Shalabayeva. Proprio ieri i legali hanno diffuso una lettera della prima figlia di Ablyazov, Madina, che vive in Svizzera. «Desidero ringraziare il Ministero degli Esteri italiano per gli sforzi che fa nell’interesse di mia madre e mia sorella», dice la ragazza ventenne, «e sono anche consapevole dell’impegno personale del ministro Bonino che sta facendo il possibile per trovare una soluzione diplomatica per il rientro di mia madre e di mia sorella dal Kazakhstan». In effetti da giorni gli avvocati degli studi italiani e internazionali che seguono gli Ablyazov vanno e vengono dal ministero; hanno dato atto che, dopo qualche giorno di esitazione e sospetto, alla Farnesina la collaborazione è cresciuta. Ma d’altronde i legali di Ablyazov non hanno molti alleati, e forse sul governo italiano provano a far valere il possibile rimorso di chi ha qualche imbarazzo per la deportazione delle due donne.
La parte più interessante del discorso della Bonino sarà quella dedicata al futuro, a lasciar capire quali saranno i prossimi passi, a come il Governo italiano ha impostato il negoziato e le mosse politiche che dovrebbero riportare in Italia le due donne, visto che il decreto di espulsione è stato revocato dallo stesso governo Letta.
Una trattativa con Astana ancora non è stata messa in piedi. La Bonino oggi annuncerà che non ha intenzione di espellere l’ambasciatore Yelemessov perché non vuole rischiare una espulsione analoga per il rappresentante italiano ad Astana. In parallelo dal Kazakhstan partono segnali di fumo verso Roma: in un’intervista del premier di Astana al Corriere della Sera e con un comunicato del ministero degli Esteri gli uomini del presidente Nazarbayev
sostengono che «per ora la donna rimane in Kazakhstan, ma dal punto di vista giuridico non è esclusa la possibilità di ritorno in Italia». I kazaki ripetono poi quello che però avevano già detto in un comunicato del 5 giugno. «Sono le autorità italiane ad aver avviato il processo di espulsione della signora, perché aveva violato le leggi sull’immigrazione italiana: è stata una espulsione, non una estradizione», come dire che noi kazaki non eravamo interessati alla signora. Cosa non vera, visto il pressing dell’ambasciata che è arrivata a noleggiare un aereo in Austria — che proprio ieri ha aperto un’inchiesta sulla vicenda — per trasferire la Shalabayeva. Alla Farnesina gli uomini della Bonino commentano con scetticismo i segnali di Astana: «Vediamo, per ora le prossime mosse spettano a loro».
C’è intanto un nuovo capitolo, quello del ruolo del Ministero della Giustizia e dei giudici che si sono occupati del caso. Il 5 giugno il ministro Cancellieri diceva apertamente che «tutto si è svolto in maniera assolutamente regolare » nell’espulsione delle 2 donne. Non solo non è vero che l’espulsione non è stata regolare: da qualche ora un altro governo accusa l’Italia di aver cestinato i documenti che aveva inviato a Roma per certificare che il passaporto diplomatico della signora Shalabayeva era vero. Il ministro della Giustizia della Repubblica centrafricana ha scritto al ministro Cancellieri per lamentarsi del fatto che i messaggi dei suoi ambasciatori a Bruxelles e a Ginevra non sono stati presi in considerazione dai giudici e dalla polizia italiana. Il ministro centroafricano Arsene Sende si lamenta con la cancellieri del fatto che «inoltre prima dell’espulsione le autorità italiane non hanno fatto nessun tentativo di contattare le autorità competenti della Repubblica centroafricana per stabilire se il passaporto diplomatico della signora Shalabayeva fosse valido o meno». E il ministro centroafricano conclude: «In queste circostanze sottolineiamo il nostro disaccordo profondo con la vostra decisione di espellere il nostro cittadino verso il Kazakhstan».

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