Salvate il soldato Matteo. Da se stesso
È arrivato mezzogiorno, e taceva. Si sono fatte le tre, e taceva. È trascorso il meriggio, e taceva. Al calar della sera galleggiava nell’aere un’inquietudine leggera: perché non parla? Erano mesi, infatti, che non faceva mancare la sua parola per un’intera, lunghissima, interminabile giornata. Alle 19.43, giusto per i Tg, Matteo Renzi ha finalmente rotto il silenzio. Ed è venuto giù, come sempre, il diluvio.
Sia chiaro, le cose che ha detto sono serissime. Di più, condivisibili: «Io sto con le forze dell’ordine. Perché scaricare su servitori dello Stato tutte le responsabilità senza che venga mai fuori un responsabile politico è indegno per la politica. E per l’Italia». C’è chi dirà, a destra, che non è andata così e che Alfano è stato davvero menato per il naso dai funzionari e che anche questa sortita dell’astro fiorentino fa parte della lunga campagna elettorale che ha nel mirino come obiettivo immediato Enrico Letta.
Sia chiaro anche che, con tanti compagni di partito che da anni gli ripetono «sta’ zitto, lascia parlare i grandi» con l’aria dei vecchi barbieri che mettevano in riga i «ragazzi spazzola», il sindaco di Firenze ha ottime ragioni per non tacere. Le premure esercitate su di lui perché se ne stesse «bono bonino» ad aspettare il suo turno (domani, posdomani o forse nel 2036 quando in fondo avrà solo l’età di Bersani…) sono state talmente tante che solo la Beata Teresa Manganiello, che fece il voto del silenzio perpetuo, avrebbe potuto tacere.
Detto questo, per amor di Dio, salvate Renzi da Renzi. Proprio chi pensa che non sia per niente leggerino e che dietro l’aria sbarazzina si regga su una spina dorsale d’acciaio (quell’ambientino che è il partito buro-geronto-democratico si sarebbe ingoiato qualunque altro «ragazzino» quarantenne avesse osato affacciarsi) si chiede infatti: ma non parlerà un po’ troppo? Insomma, a forza di esibirsi non solo su battaglie giuste ma su un ventaglio incontenibile di varia umanità, non finirà per passare, per dirla coi vecchi fiorentini, per un «cianciatore»? Col rischio di disperdere in una alluvione di dichiarazioni misto fritto il patrimonio di simpatia, fiducia, credibilità accumulato?
Per dare un’idea: nell’ultimo anno, stando alla banca dati della Camera, ha dato 60 interviste. Una ogni sei giorni. Senza contare quelle ai giornali, alle televisioni e alle radio locali. Un record difficile da battere. La sola Ansa nel solo ultimo anno ha lanciato, con Renzi nel titolo, 4357 notizie. Molte di più di quelle dedicate a Giorgio Napolitano (4294) e perfino a papa Francesco, che pure rappresenta una «novità» addirittura più grande e vistosa che non l’irruzione del sindaco. Certo, molto spesso Renzi non è il soggetto ma l’oggetto di parole altrui. E c’è chi lo ama e chi lo disprezza, chi lo attacca e chi lo difende… Il più delle volte, però, è lui che accusa, esulta, ammonisce, vezzeggia, invita, denuncia, ipotizza, ammicca, esorta, s’indigna…
Un mucchio di volte ha il merito di dire cose che vanno prese sul serio. Sulla necessità di svecchiare (anche se pare avere accantonato il verbo «rottamare») la classe dirigente del Paese, di dare più spazio alle donne, di procedere a riforme radicali perché sono decenni che andiamo avanti coi piccoli passi finendo per restare fermi, di cambiare subito al Senato, di abolire le Province, di puntare sulla ricerca e così via… Tutti temi sui quali ha spesso ragione da vendere e ha spalancato varchi importanti per parlare a un elettorato col quale la sinistra non era mai riuscita ad aprire un dialogo. E di questo, piaccia o no a chi fa le battutine («Renzi è la cosa più di destra nata a sinistra») gli va reso merito.
È un uomo che divide? Sicuro. Basti leggere quanto dice in tema di lavoro: «Per me è più di sinistra pensare a chi non ha lavoro che discutere delle tutele più o meno corrette per chi invece il lavoro ce l’ha. So che non è la linea della Cgil e che parte del gruppo dirigente della Cgil mi detesta. Ma la penso così». Ha ragione? Ha torto? Opinioni libere: ma ha il merito d’essere chiaro. E Dio sa quanto ne abbiamo bisogno.
In parallelo a questi quotidiani affondi su tutti i temi centrali, però, il giovane leader nascente si è esibito in una lista infinita di show. Ed ecco uscire biografie in cui il parroco don Giovanni Sassolini narra che il giovinetto seguì «con entusiasmo tutto il percorso da lupetto a capo» negli scout amati in famiglia e che «a una riunione dei capi del Valdarno rottamò in pubblico le idee del babbo Tiziano» e che l’amico Paolo Nannoni ricorda come «imparò a leggere il giornale a cinque anni» e che quando cominciò la primina «sapeva già leggere e scrivere e tenere di conto» e che il babbo «due volte l’anno con la moglie va a far visita alla Madonna di Medjugorje» e che lui stesso, Matteo, rammenta «che la mamma lo ha incantato raccontandogli la vita di Bob Kennedy».
Ed eccolo ancora in un servizio su Chi , calzoncini e petto nudo, mentre corre su un campetto con moglie e figli, subito sbeffeggiato da Dagospia insieme con il direttore del settimanale Alfonso Signorini: «Alfonsina la pazza dedica quattro pagine a Matteuccio che gioca a calcio, panzetta all’aria (…) Uno spottone al lato family del prossimo leader di Pd e Pdl…». Per non dire di una leggendaria copertina su Oggi dove abbracciava le nonne Maria e Anna Maria col titolo: «Rottamerò quei politici (non le mie nonne)».
È la nuova politica, baby… L’importante è esserci. Sempre. Sempre. Sempre. Marcando il proprio distacco, il giorno del delirio sulla bocciatura di Franco Marini al Quirinale, con il tweet: «Tutti in Piazza Dalmazia a inaugurare il nuovo fontanello!». Esultando per l’arrivo alla Fiorentina di Gomez: «Straordinario. Ho mandato un messaggino a Pep Guardiola per dirgli grazie». Dichiarando guerra ai graffitari: «basta scrivere sui muri». Augurando a Enrico Letta di durare ma punzecchiandolo tutti i sacrosanti giorni. Chiedendo al governo di trasformare le caserme in condomini per giovani coppie. Censurando i giudici Usa: «Da amico dell’America mi vergogno della sentenza Zimmerman». Una pioggia di Ansa con lui nel titolo lunedì, uno scroscio martedì, un diluvio ieri… Quando, dopo avere buttato quel petardo tutto politico nel mezzo dell’affare kazako, ha dettato una dichiarazione per le pagine sportive: «Sono molto intrigato dal tipo di gioco che mister Montella riuscirà a mettere in campo…». Ah, ecco cosa mancava…
Gian Antonio Stella
Related Articles
Un paese da Lavitola in giù
Lavitola è una cosa meravigliosola. L’Italia pure. Un paese che si batte come un leone contro una crisi spaventosa armato soltanto del ministro Sacconi farebbe tenerezza a chiunque. E questa è l’Italia da Lavitola in su. Da Lavitola in giù, invece, ci piace bearci di poche ma virili certezze.
Quanto conta il voto nell’Italia delle città
Queste elezioni amministrative non eleggeranno “solo” i sindaci di circa 1300 Comuni – tra cui 23 capoluoghi – e i presidenti di 11 Province. In Italia, ogni elezione, di qualsiasi tipo e livello, ha rilievo nazionale. Serve a regolare i conti fra coalizioni, partiti, fazioni, leader. Non farà eccezione neppure questa scadenza, a cui tutti i protagonisti – e per primo Berlusconi – hanno esplicitamente attribuito significato politico. D’altronde, la lista dei Comuni al voto presenta numerose città “esemplari” per la storia della Seconda Repubblica.
Governo, mercoledì Napolitano dà l’incarico