Questo direbbe Pasolini di noi, oggi

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Fosse vivo, cosa direbbe oggi Pasolini? Cosa scriverebbe di questi nostri tempi oscuri e confusi? A quasi 40 anni dalla morte la sua assenza è più presente e dolorosa che mai. E più che mai si vorrebbe risentirne la voce, meditarne le parole, così acute, sorprendenti, preveggenti. Fosse vivo oggi, Pasolini avrebbe 91 anni. Età impossibile per uno come lui, destinato a una feroce giovinezza. Eppure non tutto è finito in quella notte tra i santi e i morti sul lido di Ostia. Le sua scandalosa, disperata vitalità non è stata straziata con lui. E difatti «Pasolini vivo» s’intitola l’omaggio che il Mittelfest rende nei prossimi giorni al poeta, regista, intellettuale friulano. Con uno spettacolo-lettura di Andrea Collavino, «Dialogo immaginario tra Pasolini e Peter Handke sulla scomparsa delle lucciole», e due anteprime teatrali.
La prima, «Vivo e Coscienza», l’unico progetto concepito da Pasolini per la danza, è riportato alla luce dal coreografo Luca Veggetti e interpretato dai giovani della Scuola Paolo Grassi di Milano (in coproduzione con il Mittelfest) e la voce registrata per l’occasione dallo scrittore e poeta Francesco Leonetti, amico di Pasolini. la prima realizzazione assoluta di “Vivo e Coscienza”, una coproduzione Mittelfest con la Scuola Paolo Grassi di Milano (diretta da Massimo Navone) firmata dal coreografo italiano di fama internazionale Luca Veggetti, tratta dall’unica opera in forma coreografica ideata da Pasolini, con progetto sonoro di Paola Aralla, i giovani danzatori del corso di Teatrodanza della scuola milanese e la voce registrata per l’occasione dallo scrittore e poeta Francesco Leonetti, amico personale di Pasolini e attore emblematico in alcuni suoi film.
Ideato nel 1963 per la Biennale, il «balletto-cantata» doveva essere musicato da Bruno Maderna, voce recitante di Laura Betti e coreografie di Maurice Béjart, ma il progetto non andò in porto: dell’opera sono rimasti quattro fogli dattiloscritti, di straordinaria chiarezza sulle sorti del nostro Paese.
La seconda anteprima, «Una giovinezza enormemente giovane», prodotto dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, regia di Antonio Calenda, protagonista Roberto Herlitzka. A firmare il testo Gianni Borgna, ex assessore alla Cultura di Roma, molto vicino a Pasolini, mai convinto della versione ufficiale sull’omicidio e che di recente ha fatto riaprire il caso alla Procura della Repubblica di Roma.
«Siamo partiti da lì, da quella notte di sangue, violenza, mistero — spiega Borgna, che ha collaborato anche alla grande mostra su PPP in questi giorni a Barcellona e poi a Parigi, Roma, Berlino —. Tutto comincia con in scena un corpo steso a terra e Pasolini, che osserva da fuori sé stesso massacrato». Un’anima ormai fuori dal mondo, che dal mondo però non riesce a staccare lo sguardo. «Cosa direbbe oggi… Me lo sono chiesto tante volte — prosegue Borgna —. Rileggendo i suoi scritti, le sue riflessioni civili, ho cercato delle risposte oltre il tempo. Mi sono imposto di procedere con il massimo rigore, attingendo agli “Scritti Corsari”, alle “Lettere luterane”, a “Petrolio”, l’ultimo, rovente, incompiuto, romanzo. Ma anche alle sue poesie. Così strazianti come “Patmos”, scritta nell’isola dell’Apocalisse il giorno dopo le bombe di piazza Fontana. Evocando uno a uno, in modo preciso, ciascuno di quei morti dilaniati. Un’anticipazione puntuale delle stragi di stato e di come avrebbero influenzato la politica negli anni a venire».
E così, quello che allora sembrava solo la provocazione visionaria di un testimone veggente, via via si è rivelata un’analisi spietata, una denuncia controcorrente di un’Italia prossima ventura destinata a un inarrestabile degrado. «A partire da quella che lui chiamava la “trasformazione antropologica” delle nuove generazioni. Non più simpatici malandrini, ma carnefici senz’anima. E ancora, ripensando all’aspra polemica con Italo Calvino, sostenitore di un antifascismo legato a vecchi schemi, ecco che Pasolini, uomo di sinistra, ha il coraggio di guardare oltre, alla violenza diffusa sia a destra sia a sinistra, tra i giovani borgatari come tra i facoltosi borghesi. Lui ha capito prima di tutti, ha colto la nostra deriva nel momento in cui è iniziata».
Naturalmente, ai testi di Pasolini, Borgna aggiunge del suo. «Considerazioni vere o verosimili. Ma sempre sulla traccia del pensiero di Pier Paolo. Intellettuale anomalo, nostro contemporaneo, paradossalmente più amato nel mondo che in Italia. Dove era e resta scomodo. Perché la sua voce ancora oggi ci provoca e ci sollecita. Continuando ad additarci lo scandalo dei nostri tempi».


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