by Sergio Segio | 25 Luglio 2013 8:03
Dire “tipico tradizionale” restringe il campo, ma il risultato è comunque mastodontico, evidenzia una ricchezza che va tutelata e promossa, esaltando le differenze e dando aiuti concreti ai produttori.
Perché questa è una garanzia per uscire dalla crisi. In una parola questa è la diversità, umana e biologica, che i nostri territori rappresentano: la nostra migliore assicurazione sulla vita. Il suo valore è incalcolabile e quindi non si spiega come spesso sia sottostimato da chi muove la macchina istituzionale.
Questa è vera economia, ma mentre tutti si riempiono la bocca di quanto siano buoni e belli i nostri prodotti regionali pochi sono quelli disposti ad approfondire le loro situazioni. Tanto che spesso si rischia una superficialità deleteria per il patrimonio gastronomico italiano. Ci vogliono storia (vera documentazione, non invenzioni improbabili e un po’
kitsch)
e geografia (intanto la eliminiamo dai programmi scolastici), competenze agronomiche e alimentari; si deve capire il valore sociale ed economico dei prodotti. Mentre li inventariamo, alcuni rischiano di sparire sotto i colpi di un’agricoltura industriale che non rispetta la diversità, per logiche commerciali e di mercato che non premiano più chi è differente, anche se fa qualità indiscutibile. Altri tesori neanche emergono e sfuggono alla catalogazione, perché sono realizzati da pochi resistenti in territori difficili. Non tutelarli è un suicidio economico e politico.
Da parte nostra, quella di Slow Food, da quindici anni abbiamo il progetto dell’Arca del Gusto e dei Presìdi, per salvare dal diluvio dell’omologazione chi è a rischio d’estinzione. Perché sì, anche questi gioielli della civiltà italiana possono sparire nel nulla. Segnalateci i vostri prodotti da caricare sull’Arca del Gusto al sito www.fondazioneslowfood. it: più (bio)diversità salviamo più avremo futuro.
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